Regia di Richard Berry vedi scheda film
Lo stanco boss cinquantasettenne Charly Mattei/Jean Reno ha deciso di ritirarsi, dopo una lunga carriera malavitosa, per dedicarsi alla sua famiglia e ad una tranquilla vita da agiato pensionato. Ma la malavita di una Marsiglia sporca e cattiva ha deciso che non può farlo.
Mi sono approcciato alla visione de “L’Immortel” carico di pregiudizi positivi e buone aspettative, purtroppo rimaste frustrate. La storia dell’iniziale riluttante vendetta del boss marsigliese melomane, scampato miracolosamente ad un nugolo di pallottole di vario calibro e colpito dall’uccisione degli amici più cari, inanella una serie impressionante di luoghi comuni, senza (quasi) mai emozionare né stupire. La sensazione è che si sia tentato di svecchiare, in qualche modo, un film noir vecchio stampo per infarcirlo di istanze e scelte bessoniane (anche nella patinata fotografia), ormai nume tutelare di ogni pellicola d’azione proveniente o d’ambientazione francese. La presentazione di tutti i personaggi è schematica e frammentaria, limitata ad una frenetica sequela di flashback nella lunga sequenza iniziale dell’attentato e dell’operazione chirurgica del protagonista, con un’immissione massiccia di personaggi antagonisti schizzati e brutali. In tutte le successive situazioni, ove sarebbe stato necessario approfondire la psicologia dei personaggi, si è preferito spingere sull’acceleratore dell’adrenalina, con inseguimenti e sparatorie varie a volte pletoriche. Berry parrebbe aver messo troppa carne al fuoco, perdendo per strada la visione d’insieme in un nugolo di intrecci familiari tra personaggi principali e secondari, unitamente a sottotrame mal sviluppate e non risolte. Il regista paga, poi, un eccessivo pegno al citazionismo d’autore, (ri)facendo scene e situazioni alla Coppola (l’attentato iniziale) ed alla Scorzese (l’uccisione di Karim e la festa di compleanno dello scagnozzo), ma ispirandosi anche a De Palma e Marchal (36 Quai des Orfevres). Un film, a mio avviso, non riuscito che sfiora la sufficienza solo grazie all’interpretazione del vecchio orso (a me molto simpatico) Jean Reno, anche se meno incisivo rispetto ad altre prove, e per la splendida ambientazione marsigliese, molto somigliante, nel suo essere alternativamente un sordido ed oscuro inferno ed un paradiso splendente, alla nostra Napoli.
Salvifica.
Eccessivamente Citazionista.
Riluttante.
Retorico.
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