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Polytechnique

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Polytechnique

di ethan
9 stelle

Al Politecnico di Montréal (che nella versione italiana viene tradotto, nei titoli di testa, Monreale...), il 6 dicembre del 1989, uno studente (Maxim Gaudette), paranoico, misogino e asociale, progetta e mette in atto un folle piano omicida: entrare nella scuola, uccidere il maggior numero possibile di donne e poi togliersi la vita. Dalla teoria alla pratica il passo è breve ed il giovane purtroppo riesce a mettere in atto il suo progetto: sul pavimento dell'edificio rimarranno 14 cadaveri di ragazze, quasi tutte poco più che ventenni, e un solo maschio, l'assassino stesso, che si è tolto la vita...

'Polytechnique' di Denis Villeneuve parla di un tema a prima vista uguale - un massacro in una scuola - a quello raccontato dalla pellicola 'Elephant' di Gus Van Sant, che nel 2003 stregò la giuria di Cannes, che gli tributò sia la Palma d'Oro sia il premio per la migliore regia, ma, analizzandolo a fondo, diverge non di poco: mentre la dinamica delle sparatorie è pressoché identica - con nel primo caso un'unica persona e nel secondo una coppia - e, sinistramente, anche il numero dei caduti, assassini compresi, è lo stesso, cioè 15, differenti sono, pur all'interno di psicologie di menti deviate, le motivazioni che hanno portato ai deliranti gesti; ne consegue che l'approccio e quindi il tono dei due film, pur essendo stilisticamente simili - Van Sant filma con raggelanti piani-sequenza, ri-proponendo le medesime azioni da differenti punti di vista, lascia in sospeso qualsivoglia spiegazione, sempre che ce ne sia una, dell'accaduto, mantenendo un clima distaccato - il regista canadese invece, fin dall'incipit rende partecipe ogni spettatore che guarda la pellicola, anch'egli filmando (in un bianco e nero dalle tonalità non particolarmente accese e poco contrastato, ad opera di Pierre Gil) lunghe scene, con lenti e sinuosi movimenti di macchina e un ampio uso di carrelli, avanti e indietro, ma posizionando la mdp molto vicina agli attori in campo, dando appunto l'idea di essere prossimi a quanto (di terribile) accade.

Villenueve destruttura il racconto, partendo da una scioccante e breve sequenza in cui echeggiano i primi colpi d'arma da fuoco e due ragazze sono colpite, per poi far partire i titoli di testa che accennano al crimine e poi presentare quelli che saranno, tra i tanti ragazzi e ragazze che lo diventeranno a loro discapito, nel bene e nel male, i tre protagonisti della vicenda: il killer (Maxim Gaudette, dallo sguardo impassibile ed impenetrabile) che, mentre compie atti di quotidianità, si accinge a mettere in atto il suo operato, motivandolo (lo sentiamo con la sua voce fuori campo) con il suo odio verso le donne presenti nella facoltà di Ingegneria dell'Ateneo, 'colpevoli' di essere delle femministe che approfittano del loro essere donne per ottenere dei vantaggi in ogni ambito della società; l'ambiziosa Valerie (Karine Vanasse, in una prova molto toccante) che sogna un futuro da ingegnere e, in camera con l'amica Stephanie (Eveline Brochu), si prepara per un colloquio; lo studente Jean-François detto J.F. (Sébastien Huberdeau), amico delle due, che dà l'idea di essere affabile, simpatico ma un po' pasticcione (rovescia dei liquidi su un compito...), chiede di poter vedere degli appunti prima di una lezione. Di lì a poco i loro destini si incroceranno...

Villeneuve ricrea quell'atmosfera concitata, frizzante e, tutto sommato, allegra, che si respira in ogni Università, prima o nell'intervallo tra una lezione e l'altra durante l'antefatto e poi dà via libera al caos mentre avviene la carneficina - anche qui mostrando gli eventi dai tre punti di vista dei suddetti personaggi - segnata da silenzi, urla, clangore degli spari, bossoli e corpi che cadono a terra, alternanza di camera fissa con camera a mano per dare il senso della concitatezza degli eventi, fino allo scoppio 'definitivo' che pone fine alla tragedia.

Ad una lettura più approfondita poi, i tre protagonisti possono essere visti come l'incarnazione dell'odio l'assassino che, volutamente e simbolicamente, non ha nome, l'amore e la speranza Valerie che, salvandosi in maniera miracolosa, porta nel suo grembo una futura (ri)nascita che, almeno in piccola parte, compenserà la sua sofferenza e le tante perdite patite ed infine il senso di colpa, rappresentato da J.F., che, poteva intervenire e magari evitare la strage ma non l'ha fatto, che si prodiga poi nei soccorsi ma torna a casa sua con questo pesante fardello.

Tesissimo, claustrofobico -  nella scena in cui J.F. esce dall'edificio e la mdp allarga l'inquadratura fino a dar vita a un campo lungo si respira letteralmente! - e percorso da un dolore lancinante, 'Polytechnique' è un film anche molto attuale - visto il continuo perpetrarsi di tali atti sconsiderati - e quindi maledettamente necessario.

Voto: 9 (v.o.s. e doppiata).

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