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Motel Woodstock

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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La recensione su Motel Woodstock

di FilmTv Rivista
6 stelle

In bilico fra un cinema d’autore che ambisce a conquistare le masse - in sé un progetto nobile - Ang Lee continua a realizzare film strenuamente medi(ocri?) tra i quali ci sembra faccia eccezione solo Hulk e poco altro. Mai comunque privo del minimo sindacale di raffinatezze formali o delle necessarie quote di plusvalore da dibattito, il suo lavoro si muove appena al di sopra del suolo, sempre al di sotto del cielo. Grande eclettico, Lee non manca mai di evidenziare la propria leggerezza nel trattare materie distanti tra loro rischiando però malauguratamente di restare quasi sempre a metà del guado. Nel rievocare il dietro le quinte del festival rock per antonomasia, Lee mette in scena una commediola famigliare dal sapore vagamente alleniano: il protagonista in lotta perenne con la madre autoritaria, la scoperta delle droghe (più o meno leggere), la parabola di una consapevolezza sessuale finalmente conquistata, senza rinunciare alla tentazione dell’affresco generazionale. Filologicamente attendibile, al film difetta semmai la capacità di conservare in una prospettiva coerente i diversi fili del racconto. Oculato nella scelta dei contributi artistici, Lee ha puntato per la fotografia sul francese Eric Gautier, operatore abituale di Olivier Assayas (Irma Vep, Clean e altri ancora). Condivisibile nella scelta di conservare sulla linea dell’orizzonte la musica e le star (un colpo al cuore i Love), il regista perde non di meno l’occasione per insinuare nella nostalgia canaglia un po’ di sano revisionismo critico. Mentre infatti alcuni si rotolavano nel fango, la nuova classe dirigente americana sorgeva avida dalle parole d’ordine di un’intera generazione. Peace & Love diventa(va)no Money & Career. Peccato poi che Ang Lee non abbia voluto cogliere i segni che intrecciano Motel Woodstock con i primi sintomi della Tempesta di ghiaccio (a tutt’oggi il suo titolo migliore). In definitiva Motel Woodstock non è un film malvagio. Semmai un po’ insipido, che rischia di farsi dimenticare presto.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 40 del 2009

Autore: Giona A. Nazzaro

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