Regia di Stefano Bessoni vedi scheda film
Catturare immagini è un’antica ossessione per la Settima tra le arti. Parlarne è un’eco. Ci prova anche il nostro Stefano Bessoni, ispirandosi a quel nuovo cinema spagnolo di genere che di incursioni nell’horror ne ha già fatte di memorabili. La casa stregata è una scuola (di cinema), la ghost-story dialoga a distanza con le creature fatate di del Toro, con i bambini senza età di Bajona, con i fantasmi di Amenábar. Dietro lo script si nasconde Berdejo (già sceneggiatore di Rec), tra le righe si celebrano il cinema e i suoi antenati, mettendo in scena la thanatografia, espressione diabolica dell’assillo per le immagini. È un inquieto fantasma a spingere la trama nell’occulto dopo esserne stato una vittima, ma è il desiderio senza tempo di immortalare anche l’ultimo tra i respiri a catapultarci nel gotico puro. Rievocando parole dimenticate da troppo tempo. Violenza e poesia, opposti capaci di danzare all’unisono. L’occhio ci tormenta, così lenti e obiettivi. Ci sorprendono a tremare regia e montaggio, ci trascina nell’incubo e nella favola la fotografia. Qualcosa si perde sul finale, la trama un po’ vacilla, ma al primo film del nuovo cinema horror italiano questo si può perdonare.
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