Regia di Pappi Corsicato vedi scheda film
Dietro all’apparente leggerezza del quarto film e mezzo di Pasquale Corsicato detto Pappi, c’è il racconto La marchesa von O di Heinrich Von Kleist, che già ispirò Eric Rohmer. Ma viene subito in mente Truffaut, su quei titoli di testa in cui svolazzano gambe e scarpe, vestiti colorati e manichini, fiori e tendine, in un frullato di Sirk e Almodóvar, shakerati col cinema popolare italiano degli anni 60, psichedelico e folle, da cui il regista napoletano saccheggia tutte le note ricomponendo una raffinata colonna sonora yeyè. Non c’è una sola sequenza prevedibile in questo capolavoro che rinnova la commedia e rimanda al primissimo Fassbinder. Una splendida metafora per sottolineare una volta di più che per capire qualcosa della realtà bisogna necessariamente flirtare con la finzione Vera. Vera come il nome con cui chiamano Veronica (una magnifica Caterina Murino), giovane e bella donna che proprio nel giorno in cui si sorprende incinta viene a sapere che suo marito è sterile. Nel divertente e divertito gioco tra verità e finzione, in una Napoli astratta riperimetrata dall’architetto giapponese Kenzo Tange (ovvero: il Centro Direzionale, quartiere supermoderno del capoluogo partenopeo creato negli anni 90), Corsicato fa un cinema staminale, rivitalizzando teoria e pratica della Settima arte che fu, che qui diventa qualcosa di più e di diverso, neocontaminazione che si nutre di fertilizzanti (li vende Mario, il marito, un Gassman che conferma le belle impressioni di Caos calmo), di spermatozoi e di concime, che in questo caso sono i frame, i ricordi, le memorie, le passioni del regista (c’è persino un’autocitazione e la carrozzina della Corazzata Potemkin). Ellittico e ripulito delle scorie del nostro affastellato immaginario e soprattutto di quello che circonda e ammorba Napoli (i protagonisti puliscono sempre, con gli stracci e con la lavatrice, in una sorta d’inconscia risposta all’invasione dell’ultracorpo spazzatura di qualche mese fa), Il seme della discordia è quella chimera che il vesuviano Corsicato ha finalmente raggiunto passando attraverso i buchi neri.
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