Il destino nel nome. Quando vieni privato della tua ragion d'essere, tutto si tramuta di riflesso in uno scenario algido, tetro, permeato d'un'incomprimibile sofferenza, appena mitigata dal calore/colore delle reminiscenze, che affiorano fugacemente fra le tinte fosche del noir. La vindice brama, che sembrerebbe costituire il leitmotiv del film, cela una sotterranea “pulsione di morte". Ed è quest'ultima, invero, ad animare il moderno "eroe" tragico incarnato da Payne, tanto abile nell'affrontare gl'avversari di turno, quanto drammaticamente incapace di salvare i propri cari così come di decidere della sua vita, che si trascina contro ogni volontà.
Encomiabile Moore nel ricorrere all'action per rappresentare, a contrario, la stasi e l'impotenza esistenziali.
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