Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Branagh osa ancora e vince un’altra scommessa: questa volta la vicenda viene trasferita in una colonia britannica nel Giappone di fine ’800 (ambientazione non meno convenzionale dell’originale, una fantomatica foresta di Arden), ma lo spirito e anche la lettera shakespeariani vengono pienamente rispettati nonostante le innovazioni (per es. il personaggio allegorico Imene viene opportunamente sostituito con un sacerdote che celebra le nozze). Bryce Dallas Howard (Rosalind) è l’attivissima motrice delle vicende amorose proprie e altrui; Kevin Kline (Jaques) pronuncia il celeberrimo monologo “Tutto il mondo è un palcoscenico” e poi va a fare l’eremita; qualche dubbio ce l’avevo riguardo ad Alfred Molina (Touchstone), che invece se la cava benissimo. Una delle qualità che mi fanno apprezzare Branagh è l’allegra interrazzialità delle coppie (già in Pene d’amor perdute): ci saranno certo anche motivi di casting, ma è un fatto che con lui gli attori neri non sono relegati al ruolo di Otello. Il finale metateatrale, con Rosalind che si rivolge al pubblico, è già in Shakespeare; ma ancora una volta Branagh sa reinventare la situazione, mostrando l’attrice muoversi fra le roulotte della troupe.
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