Regia di Vincenzo Natali vedi scheda film
Il canadese Vincenzo Natali è un mistero. Presente ormai in tutti i festival di genere più importanti, stimato e premiato, continua a fare film che lasciano però l’amaro in bocca. Da Cube - Il cubo in poi, si è rivelato a poco a poco come uno che conosce i territori del fantasy, che ha dalla sua una conoscenza tecnica evidente, e che possiede belle idee. Il problema è che queste idee restano belle sulla carta, mentre su schermo funzionano per una mezz’oretta: poi subentrano noia e maniera. Cypher (come d’altronde il suo recente Nothing) non fa differenza. Anche se non è di certo nuova, l’avventura di un uomo che da spia industriale si accorge di essere cavia di un ingranaggio claustrofobico al quale non può sottrarsi, resta un buon trampolino per inventiva, sci-fi, tensione e inquietudini. Ma gli ingarbugliamenti si attorcigliano intorno al film stesso, che ne risente. E allora viene fuori l’incapacità di sostenere un ritmo, di seguire le tracce disseminate, la pesantezza di un apparato estetico-visivo che non perché opaco-seppiato-ombroso deve per forza essere interessante-affascinante-angosciante. Alla fin fine, Cypher è solo accademismo fantascientifico, la cui risoluzione è poi una rimasticatura del finale della serie tv seminale Il prigioniero (mille volte migliore, per inciso).
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