Trama
Il film Sirat racconta di un padre (Sergi López) e suo figlio Esteban (Bruno Nuñez) che arrivano tra le montagne del sud del Marocco, dove si tiene un rave estremo e senza fine. Sono alla disperata ricerca di Mar, figlia e sorella, scomparsa mesi prima durante uno di questi eventi. Tra musica elettronica martellante e un’atmosfera di libertà assoluta e alienante, i due mostrano la foto della ragazza a chiunque incrocino.
Quando ormai le speranze sembrano svanire, decidono di seguire un gruppo di ravers verso un’ultima festa nel cuore del deserto. Ma il viaggio si trasforma presto in una discesa dentro sé stessi, un confronto duro e ineludibile con i propri limiti, le proprie paure e la propria umanità.
Il titolo Sirat, che in arabo significa “sentiero”, ma anche “ponte tra inferno e paradiso”, richiama il doppio livello su cui si muove il film: un percorso reale e insieme interiore, spirituale. Il regista Oliver Laxe lo descrive come un film sulla trasformazione radicale, quella che avviene quando si tocca il fondo e si è costretti a rinascere, a spogliarsi del proprio ego, a guardare in faccia la morte per poter finalmente capire cosa significhi davvero vivere.
Il film Sirat, presentato in concorso al Festival di Cannes 2025, parla della rottura interiore necessaria per cambiare, in un’epoca in cui la società è anestetizzata e rifiuta il confronto con il dolore e la morte. Sirat interroga lo spettatore: siamo davvero pronti a cambiare? Siamo in grado di uscire dal torpore? È un film che attraversa la morte per arrivare alla vita, come in un rito iniziatico contemporaneo.
La rave culture, spesso associata all’eccesso e alla fuga, diventa qui un contesto di verità e fragilità, dove le ferite si mostrano senza vergogna. I protagonisti, inizialmente chiusi nel proprio dolore, costruiscono legami silenziosi e profondi: una comunione di feriti, come la definisce il regista.
Oliver Laxe firma con Sirat il suo film più radicale e, allo stesso tempo, il più accessibile. Unisce la forza sensoriale del cinema d'autore alla potenza visiva e narrativa del cinema d'avventura. Girato in 16mm tra paesaggi estremi, il film si dissolve progressivamente in un’esperienza quasi mistica, dove immagine e suono si fondono fino a diventare materia viva.
Fondamentale la collaborazione con David Letellier (Kangding Ray) per la colonna sonora: un viaggio sonoro che parte dal techno crudo e mentale per arrivare a sonorità ambient, fino al punto in cui la musica si disintegra e diventa pura vibrazione. Il paesaggio stesso - il deserto, il vento, il silenzio - si fa musica.
Nel cast, accanto al veterano Sergi López, troviamo attori non professionisti, scelti per la loro vulnerabilità autentica. Laxe ha voluto una recitazione spogliata, essenziale, capace di toccare corde profonde.
- Premio della giuria al Festival di Cannes 2025
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