Regia di Hyeok-jae Kwon vedi scheda film
Dark Nuns (2025): locandina
27 FEFF - CONCORSO
La parità di diritti ed opportunità si avvicina agli ambienti ecclesiastici, andando a modificare anche certi usi e costumi che hanno sempre caratterizzato professioni di fede meno aperte si cambiamenti, come quella cattolica.
In una fervente comunità a religione cristiana, la diffusione del cattolicesimo non rende esente la popolazione da ossessioni demoniache. In loco momti si affidano, nonostante lo scetticismo di vescovi ed alti prelati, al mestiere collaudato di una donna: Suor Yunia.
Aspetto gradevole, minuto, ma donna piuttosto pratica, che non si tira indietro a demoni bestemmiato rispondendo con un vocabolario che declina al torpiloquio senza esitazione alcuna. Raggiungendo risultati pratici che nessuno può mettere in dubbio.
Dark Nuns (2025): scena
Dark Nuns (2025): scena
Quando la suora è chiamata ad intervenire su un caso di possessione ai danni di un ragazzo che si presenta come inespugnabile, ostacolata dalle menzogne che un medico psicologo che ha in cura il ragazzo mette in giro sul suo conto, la suora intravede in una giovane sorella monaca una persona dotata come lei del potere di sfidare il demonio.
E per questo, cercherà in tutti i modi di averla come alleata un una lotta tra bene e male incui la suora dovrà anche contrastare i tranelli di una scienza scettica, e di una Chiesa gelosa ed incapace di tollerare una presenza femmine come arma contro il demonio. Al suo terzo lungometraggio, il cineasta coreano Kwon Hyuk-jae dirige quello che ufficialmente è presentato che il sequel di The Priest, horror del 2015 di Jang Jae-hyun (di cui si è visto al FEFF 2024 il torvo Exhuma).
Dark Nuns (2025): scena
Dark Nuns (2025): scena
Una storia di possessione che inizia bene, con riprese aeree suggestive ed allarmanti che servono da contraltare ad una serie di lunghe ambientazioni in soffocanti spazi chiusi al cospetto del giovane indemoniato che si contorce e urla per estenuanti decine di minuti, affievolendo con un senso di abitudine un certo pathos che l'incipit aveva saputo creare.
Di fatto poi la vicenda si rivela ripetitiva, gira attorno a se stessa, e non basta la bravura della protagonista carismatica, Song Hye-kyo, a dare fiato ad un horror che, con i suoi 114 minuti di durata, denuncia una scrittura in moti casi ripetitiva e prolissa.
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