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Monica e il desiderio

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Monica e il desiderio

di Kurtisonic
8 stelle

Fu lo stesso Bergman a definire Monica e il desiderio il film meno complicato che avesse mai fatto, premiato dal pubblico e ignorato dalla critica finchè i capiscuola  della nouvelle vague non lo riscoprirono  anni dopo. La storia è piuttosto semplice e potrebbe ricalcare il vecchio detto hollywoodiano su come si scrive un film: un ragazzo incontra una ragazza, il ragazzo perde la ragazza, il ragazzo riesce a riavere la ragazza. L’ultima parte qui non viene presa in considerazione e mentre nel vecchio detto la ragazza è l’oggetto-valore, nel film di Bergman è assolutamente il soggetto principale, come lo è la rappresentazione innovativa e rivoluzionaria del  desiderio di cambiare la sua vita Dunque l’ancora giovane Bergman è già lontano dal clichè del melodramma e della commedia americana, la sua idea di cinema è tutt’altro. Monica e il desiderio è però ancora un cinema più legato all’immagine che ai dialoghi, detti e non detti che negli anni successivi segneranno fortemente il linguaggio di Bergman , la teatralità con la quale esprimerà i contenuti della sua ricerca esistenziale è ancora dietro lo schermo ma questo capitolo della sua opera resta significativo per come esplica realtà e fisicità ancora inspiegabili e inarrivabili  nei primi anni 50 conferendo alla pellicola apparentemente banale un carattere moderno e originale. La raffigurazione della fisicità, della sensualità e della bellezza di Monica (Hariette Andersson con la quale il regista si legherà sentimentalmente) ha contribuito al successo del film, ma ha anche lasciato che si equivocasse sulla portata dell’immagine, reale, solare e liberata da ogni condizionamento, del suo significato che diventa modello emancipato. Due giovani commessi Monica e Harry si conoscono, si piacciono e per sentire realizzate le loro pulsioni amorose idealizzate per lui e palpitanti per Monica si rifugiano in un’ isola. Emerge già il concetto bergmaniano dell’enfasi iniziale per ogni cosa che poi è destinata all’inevitabile tramonto, nell’isola nella dolcezza e nell’ abbagliante bellezza dello scenario naturale, unica possibilità di rifugio dalla società organizzata, l’equilibrio della coppia vacilla, ne sono esempi la scena del ballo dove rinunciano a stare in mezzo agli altri, o quando cercano di rubare del cibo e non si aiutano. Ritornati sulla terra ferma  si sposano, avranno una figlia e Monica sempre alla ricerca di quella vita diversa che sembra sfuggirle di mano opererà scelte clamorose che aprono scenari quanto mai dirompenti. Il famoso sguardo di Monica verso la mdp sintetizzerà il destino di solitudine e di reale impossibilità di concretizzare un’individualità che per forza di cose deve fare i conti con la vita di relazione, a ogni costo e a ogni livello. Considerato a torto un lavoro minore del regista svedese, mantiene ancora oggi la sua carica ideale e oggettiva per la quale vale la pena riflettere e non poco, Bergman esce da una dimensione personale e introduce solo con l'immagine l'inizio di quel dialogo interno  alla persona e alla coppia che farà parte della sua analisi attraverso il cinema.   

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