Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Uno dei primi film di Bergman conosciuti fuori dalla Svezia, "Monica e il desiderio" (il titolo originale, però, significa "Estate con Monica") ha i suoi punti di forza in una grande libertà espressiva e nell'interpretazione di Harriett Andersson, che si rivelò una vera forza della natura, oltre che un'attrice espressivamente eccezionale. Dal primo punto di vista, sono da sottolineare i riferimenti, più che espliciti (come da noi, all'epoca, ci sognavamo soltanto), alla libertà dell'amore e ad un amore liberatorio, come parte della natura (l'idillio si svolge, infatti, lontano dalla città). L'inizio e la fine del film, ambientati tra gli squallidi, seppur lindi, anfratti di Stoccolma, sono un richiamo alla dura realtà, quella che Monica non riesce proprio ad accettare; il suo è il rifiuto di un essere selvatico nel vero senso della parola, poiché solo tra i boschi riesce ad esprimere sé stessa, che rifiuta il lavoro, il ruolo di moglie e perfino quello di madre, per rifugiarsi, ma con quale angoscia - lo rivela lo sguardo che rivolge con disgusto alla macchina da presa - in una vita libera e dissoluta. "Monica e il desiderio" è per Bergman una sorta di cantiere, dal quale sbozza uno dei suoi primi, riusciti, ritratti di donna.
Due giovani proletari di Stoccolma, con situazioni familiari difficili, si conoscono, si mettono insieme, lasciano il lavoro e scappano di casa, trascorrendo un'estate di libertà ed amore su una barca a motore. Quando l'estate è finita, la ragazza è incinta. I due si sposano, hanno una figlia, ma l'amore è finito: lei se ne va e lui torna dal padre con la bambina.
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