Espandi menu
cerca
Mulholland Drive

Regia di David Lynch vedi scheda film

Recensioni

L'autore

yume

yume

Iscritto dal 19 settembre 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 119
  • Recensioni 620
  • Playlist 47
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mulholland Drive

di yume
10 stelle

A distanza di sicurezza dall'abitato, la veloce arteria stradale che nasce dal deserto, attraversa la città e finisce sugli strapiombi di Malibu, ne vede passare di gente e quante storie!Questa è una di quelle, vera o non vera, chissà! Cosa dire? Nulla. SILENCIO!

 Era il 1977 quando con Eraserhead cominciarono gli incubi di David Lynch, ma ebbero bisogno di un lungo periodo d’incubazione (è il caso di dirlo) perché se ne cogliesse la portata artistica.

Poi gli anni e i film passarono e venne l’era dei restauri, culminata oggi con Mulholland drive, curato a vent’anni dalla nascita da Studio Canal presso Criterion Collection.

Lo vediamo finalmente in sala, godiamo per quasi due ore e mezzo e torniamo a Eraserhead per confermarci nella scontata affermazione che un artista compone sempre la stessa opera.

 

locandina italiana 2017

Eraserhead (1977): locandina italiana 2017

Negli anni Settanta (traggo dalla mia recensione fatta al film nel 2017):

Nelle gallerie d’arte di New York e nei locali underground più alla moda era facile imbattersi in esperimenti di video-arte, cortometraggi a metà fra cinema e arti visive, immagini in movimento, quadri animati, sperimentalismi spesso spettacolari ma soprattutto pionieristici nell’utilizzo sincronico di linguaggi e tecniche.

Decretata una volta per tutte la fine delle barriere, nascevano opere totali che travalicavano ogni genere, visibili e interrogabili da ogni angolazione, ma soprattutto indefinibili, figlie dei lunghi decenni precedenti in cui menti folli e geniali avevano messo a punto forme e linguaggi che avrebbero rivoluzionato il mondo dell’arte, e non solo. I linguaggi, tutti, ne uscirono svecchiati, si misero al passo con i tempi della storia, nulla fu più come prima e il cinema non mancò all’appuntamento.

Bene, vent’anni di lavoro e nel 2001 arriva il capolavoro che un sondaggio della BBC indica come il miglior film del 21° secolo e Sight & Sound inserisce fra i 100 migliori film della storia del cinema.

Mulholland drive è un’esperienza sensoriale visiva, una visione conturbante che travolge, un roteante labirinto di immagini che ti adescano, ti costringono a credere qualcosa per poi lasciarti nudo e stordito a chiederti: che cosa?

Siamo negli spazi della mente, dove accade tutto, e nulla che non sia reale, eppure quando cerchiamo di catalogarla la realtà sfuma nel suo contrario.

Naomi Watts, Laura Harring

Mulholland Drive (2001): Naomi Watts, Laura Harring

Per più di metà il film ha l’aria di un noir/thriller a sfondo rosa, e già questa fusione dovrebbe mettere in allarme. Ma non lo fa, l’aria di mistero, di inconcluso che aleggia crea aspettative, siamo certi che sapremo il nome della bruna, ci godiamo l’aria di buona girl scout della bionda, diamo un senso a tutto, minacce di gangsters, pacchi di dollari che è meglio nascondere in una cappelliera (!!), studios hollywoodiani dove si fanno provini, ci si tagliano le gambe da buoni nemici, attrazione fatale omosessuale e dolcissima fra le due bellissime, paturnie della vecchia zia sospettosa (ma ricordiamo quel sorriso strano, lei e il marito, in taxi, appena lasciata la nipote fuori dall’aeroporto).

Alla fine scopriremo quanto è interessante vedere come funziona la nostra mente convinta di sapere tutto, e su quello che non sappiamo correre avanti a fare ipotesi.

Poi arriva David Lynch e tira un tratto di penna su tutto.

Cosa abbiamo visto? Deliri di una mente malata? Visioni di una realtà parallela e ritorno? Una storia di mafia nel regno dei super ricchi californiani? Una storia d’amore?

David Lynch

Mulholland Drive (2001): David Lynch

Quaranta anni fa Eraserhead sfidò ogni convenzione, aspettativa, tentativo di comprensione.

Fu quello che Lynch riuscì a dire per la prima volta a proposito di contenuti della mente.

Il nostro marasma interiore che accuratamente rivestiamo di begli abitini cuciti dal Super-Io (ricordiamo il praticello fiorito di Blue velvet con le schifose formiche rosse sotto la linda staccionata bianca?) prima o poi potrebbe prendere il sopravvento, chi può negarlo? E allora la bella storia di Betty-Diane e Camillae (ammesso che la bruna smemorata si chiami così), la felicità della biondina che arriva nella mecca del cinema, fa il provino giusto, è ospitata nel meraviglioso pied à terre della zia sulla collina di Beverly Hills, è invitata ai mega party mentre la spensierata gioventù anni ’50 balla rock acrobatici, tutto questo mondo rassicurante su cui la minaccia sembra non pesare più di tanto ( l’incidente su Mullholland drive in piena notte non crea problemi polizieschi, la bruna incidentata e scappata via dalla macchina distrutta dove qualcuno aveva  intenzione di spararle sta male ma poi migliora dopo una bella dormita, la bionda carina dal golfino bon ton l’aiuta, la ospita in casa della zia, le vuole subito bene, non sa neanche il suo nome, poco male, si lancia con lei in un’indagine strampalata ma alla fine capiremo che lo fa per amore) tutto questo palco scricchiola sempre più forte finchè crolla e ci lascia senza fiato.

 

scena

Mulholland Drive (2001): scena

Lynch sceglie Los Angeles per il suo penultimo film, più di New York città tentacolare inquadrata spesso dall’alto di Mulholland drive, la strada cinematografica per eccellenza, anche lei nel cast, tutta imbellettata prima che finisca all'incrocio con Encino Hills Drivein in un cammino sterrato, Dirt Mulholland, dove i veicoli non possono circolare.

Perfetta sintonia col film, niente da dire.

Dall’alto di quella strada vediamo spesso Los Angeles in notturna con le sue luci, il cinema è la sua anima folle, inseparabile, specchio di un mondo di cui non si definiscono, nel senso etimologico, i connotati.

Reale e immaginario si fondono in una terza via, prima inesistente, dove spazio e tempo, bello e brutto, amore e odio, paura e coraggio sono l’uno lil riflesso dell’altro, con risultati facilmente immaginabili.

La musica di Badalamenti accompagna le scene come un cagnolino fedele, sa che prima o poi scoppierà il caos, ma alza la zampina e trotterella felice.

Purtroppo lascia qualche deposito nel giardino di Coco, la pittoresca custode del condominio, strana gente gira in quel delizioso complesso di villette immerse nel verde!

Fuori, a distanza di sicurezza, la veloce arteria stradale che nasce dal deserto, attraversa la città e finisce sugli strapiombi di Malibu, ne vede passare di gente e quante storie!

Questa è una di quelle, vera o non vera, chissà! Cosa dire? Nulla.

SILENCIO!

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati