Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Yvon è un uomo normale, con un lavoro modesto ma rispettabile, una famiglia poco numerosa che gli vuole bene e, soprattutto, una notevole onestà (reagisce con sdegnosa irruenza alle accuse rivoltegli al ristorante e non ha intenzione di fare buon viso a cattivo gioco chiedendo scusa per una colpa che non ha commesso: "Non striscerò ai loro piedi come un cane bastonato"). Ma nel momento in cui una serie di terribili casi vanno ad incappare nella sua quieta routine, le solide basi etiche su cui poggiava la sua vita iniziano a crollare. Tutto comincia come una ragazzata, una sorta di capriccio adolescenziale (i cui artefici non subiranno alcuna conseguenza) causato da un padre assente e da una madre (fin troppo) complice. Poi si passa al livello successivo, in cui la gravità della situazione sale ma sembrerebbe ancora gestibile, quando il titolare di un negozietto, per non avere rogne, decide di sbarazzarsi furbescamente delle banconote false rifilandole ad un umile lavoratore, uno che non conta nulla e che difficilmente creerà problemi. Il punto di non ritorno è proprio quello: il senso di giustizia di Yvon gli impedisce di lasciar correre, lui vuole essere riconosciuto innocente, vuole che la sua reputazione non venga macchiata da un affare tanto basso, non può credere che un crudele scherzo del destino possa essere capitato proprio a lui che non ha nessuna colpa, che ha sempre dovuto faticare e che aveva conquistato una stabile quotidianità. Ma Yvon non è Giobbe, non c'è nessuna divinità di turno che fa cadere su di lui disgrazie per mettere alla prova la sua fede, e non è neppure Faust, perché non ha un Mefistofele a guidarlo nelle fascinose vie della perdizione, tutto ciò che gli succede è terrificante proprio in virtù della sua totale gratuità: nessun merito e nessuna colpa, solo indifferenza. Ed il suo desiderio di rivalsa viene continuamente beffato da una realtà spietata: perso il lavoro tenta disperatamente di raccimolare soldi partecipando ad una rapina come autista (in fondo la vita gli è in debito di un reato) ma finisce in prigione perdendo la figlia (morta di malattia ed alla quale non ha potuto dire addio) e la moglie (che decide di annichilire il suo ricordo). A questo punto non ha più niente, la sua vita è ridotta ad un ammasso di rovine e rendendosi conto che le sue remore morali abbiano contribuito a portarlo a questa disfatta, reagisce prima tentando il suicidio e poi, perduta qualsiasi speranza di trovare una logica nella propria esistenza, arriva a commettere un duplice omicidio (la scusa è quella del bisogno di soldi, ma è probabile che avrebbe potuto procurarseli in altro modo: alla domanda sul perché abbia ucciso lui risponde "perché mi faceva piacere" e tale voglia si manifesta grazie alla certezza che nulla abbia più senso). Ma il culmine di questa teorica deflagrazione valoriale si raggiunge col passo successivo, che è una vera discesa nell'orrore: una tranquilla famiglia lo accoglie con benevolenza e lui li ripaga facendoli a pezzi con un'ascia (tutti, incluso il ragazzino sulla sedia a rotelle). Nell'ultima scena, ormai completamente annientato e senza somigliare più neanche all'ombra dell'uomo che era all'inizio (eppure è sempre lui...), si consegna alla polizia, ma è troppo tardi: un giochetto fra giovani stupidotti ha indirettamente spazzato via più vite di una bomba. Perché Yvon vive in un modo in cui è esistito Friedrich Nietzsche, in cui l'umanità è imprigionata da guide comportamentali rimaste prive di fondamenta idealiste e che vanno a scontrarsi contro una realtà che se ne frega, e la giustizia non è che un concetto astratto creato dal nostro cervello allo scopo di dare ordine (illusorio) al caos. Bresson prende il racconto di Tolstoj e mette sullo sfondo sia il tema della redenzione (visibile più che altro nel personaggio di Lucien ma trasposto in ambito politico e che, viene lasciato intendere, finirà nel nulla) che quello dell'avarizia (i soldi falsi sono solo l'innesco), concentrandosi puramente sulla totale distruzione dell'uomo medio alle prese con la randomicità dello scorrere degli eventi ed il risultato è un'analisi antropologica straordinaria. A fare qualcosa del genere ci avevano provato Scorsese e Schrader con Taxi Driver (ispirandosi proprio a Diario di un ladro, che può essere considerato quasi l'altra faccia della medaglia di L'argent), con un sociopatico reso assassino da una società marcia, ed altri tentativi potrebbero essere considerati, fra gli altri, Un giorno di ordinaria follia di Schumacher e Joker di Todd Phillips (persona disturbata che finisce col commettere omicidi a causa di un mondo malato), ma nessuno di questi riesce a raggiungere la terribile, lucida esattezza di questo capolavoro.
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