Regia di Todd Field vedi scheda film
Todd Field nella mia memoria cinefila rimane soprattutto il Nick Nightingale di "Eyes Wide shut", ultima fatica cinematografica di Stanley Kubrick, e si trattava di un'interpretazione davvero brillante e per certi versi memorabile. In seguito si è dato anche alla regia e questo "Tar" è il suo terzo film, realizzato dopo una lunga pausa di circa quindici anni. Si tratta di un melo' raffreddato che a prima vista potrebbe ricordare perfino certi scavi nella psiche femminile diretti da Ingmar Bergman e interpretati da Liv Ullmann. Seguiamo la figura di Lydia Tar, direttrice d'orchestra dei Berliner Philarmoniker, musicista di fama mondiale e talento ormai riconosciuto, donna lesbica che ha una relazione con una violinista della sua orchestra, la cui vita inizia ad andare in pezzi dopo il suicidio di un'altra musicista e aspirante direttrice d'orchestra con cui aveva avuto presumibilmente una relazione sessuale e che l'aveva ricattata con email compromettenti. Il film è lungo oltre due ore e mezza, certamente non facile, richiede un'attenzione esclusiva da parte dello spettatore e appare per molti versi stratificato, con diverse possibili interpretazioni riguardo alcuni eventi e sviluppi della trama. Si tratta di un'opera che pone molte e importanti questioni, dal ruolo della donna in un contesto artistico alla cosiddetta "dittatura del politicamente corretto", che viene attaccata nella scena in cui Lydia rifiuta le posizioni di uno studente non binario riguardo alla musica di Bach; oltre al citato Bergman, il regista potrebbe guardare ad altri modelli illustri come Tarkovskij, a livello di stile, e si pone in una direzione di cinema europeo che riflette sull'anima del personaggio e compie un viaggio per svelarne l'essenza, che appare decisamente poco mainstream, ma fortunatamente ha incontrato molti consensi almeno di critica in America. Giusti gli elogi ad una Cate Blanchett all'apice della sua creatività attoriale, che regge il film sulle sue possenti spalle e regala numerosi momenti di antologia, compresa l'intervista iniziale e la lezione alla Juilliard School, mentre fra gli altri attori si apprezzano soprattutto le presenze femminili di Nina Hoss nella parte della compagna Sharon e Noemie Merlant nel ruolo dell'assistente tuttofare Francesca Lentini. Un film che bisogna correre il rischio di vedere nonostante le difficoltà insite nella visione, con una parte finale che riserverà più di qualche sorpresa, ma con un invito alla resilienza e alla rifondazione della propria esistenza su nuove basi che ho trovato molto sentito, ben argomentato.
Voto 8/10
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