Regia di Filippo Walter Ratti vedi scheda film
"Non abbiamo il diritto di uccidere questi uomini". "Non ne abbiamo il diritto, ma ne abbiamo il potere". In questo scambio di battute, verso il finale, fra gerarchi nazisti è riassunto (quasi) tutto ciò che di positivo sta nell'opera, ovverosia la spinta civile e morale, di ricostruzione storica e di insegnamento, che fa sì che questa pellicola a dire il vero formalmente modesta possa ritenersi comunque interessante. Il quasi fra parentesi sottintende che le buone notizie sul film non sono effettivamente finite qui: qualche parola va spesa anche a favore di un bel cast in cui primeggiano i nomi di Andrea Checchi, Gino Cervi (in un ruolo marginale, però), Sergio Fantoni, Ivo Garrani, Gloria Milland e Nino Pavese; giusta anche l'idea di girare in bianco e nero - fotografia di Aldo Greci - che conferisce un maggior valore cronachistico all'opera. Filippo (Walter, secondo nome che qui nei titoli però non compare) Ratti è stato a lungo assistente alla regia di Gennaro Righelli, per debuttare in solitaria quindi nell'immediato secondo dopoguerra; questo è il suo nono lavoro, il primo di stampo storico/drammatico dopo aver diretto soprattutto melodrammi e commedie. Nota critica necessaria: dopo un buon inizio ricco di ritmo e di informazioni, la narrazione si fa meno fluida nella lunga parte centrale, per riprendere infine vigore in quella conclusiva. 4,5/10.
Durante l'occupazione tedesca, al termine della seconda guerra mondiale, un attentato partigiano che costò la vita a 32 soldati nazisti generò, per rappresaglia, l'esecuzione di 320 italiani. Ma per errore ne vennero ammazzati 335.
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