Regia di Roberto Andò vedi scheda film
Un ottimo Silvio Orlando, finalmente privo di macchiettismi nevrotici come già in "Ariaferma", è il protagonista di questa buona pellicola di Roberto Andò incentrato sulla trasformazione di un mite e crepuscolare professore di musica davanti ad uno stravolgimento della sua ripetitiva quotidianità
Un buon film questa recente opera di Roberto Andò, incentrata sulle vicende che portano un mite e solitario professore di musica (l'ottimo Silvio Orlando) a nascondere in casa un bambino, figlio di un camorrista, per sottrarlo ad un inevitabile regolamento di conti dopo una sua scellerata bravata. Va subito premesso che, pur se a volte la storia prende contorni di scarsa verosimiglianza, il ritratto di un uomo sostanzialmente sociopatico (che sembra aggrapparsi a questo stravolgimento della sua monotona esistenza) è efficace. Merito sicuramente di Andò, ma va rilevato che Orlando, come già in "Ariaferma", sembra sempre più a suo agio in ruoli drammatici che ne stemperano quell'eccesso di nevroticismo che ha caratterizzato buona parte dei suoi personaggi di una lunga e proficua carriera. Qui il ritratto di quest'uomo mite e taciturno, con un fratello giudice di Corte Costituzionale ed un padre ex magistrato che lo hanno sostanzialmente sempre considerato un disadattato (a partire dalla scelta di vivere nei quartieri spagnoli), è veramente cucita su di lui come un abito sartoriale. Bravo anche il piccolo protagonista, Giuseppe Pirozzi, bambino che gioca a fare il duro ma che dimostra ancora tutta l'immaturità dei suoi anni.
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