Regia di Curzio Malaparte vedi scheda film
Alla fine della seconda guerra mondiale, un soldato torna a casa e il suo primo pensiero è quello di vendicare la morte del fratello, tradito da un compaesano. Trovare il colpevole sarà però difficilissimo, perchè in paese tutto è cambiato e nessuno vuole più rendersi complice di violenze e omicidi; l'uomo non ha in alcun caso intenzione di desistere dal suo proposito di vendetta personale.
Un film, uno solo, ma significativo: è quanto ci ha lasciato, dal punto di vista cinematografico, Curzio Malaparte; la pellicola è questa Il Cristo proibito e si può immaginare fin dal titolo che la provocazione e la polemica, arti in cui Malaparte come scrittore eccelleva, saranno le portate centrali del menu. La trama è semplice, ma tutt'altro che sottile: l'argomento centrale è la giustizia - quella terrena - e lo sfondo è quello contemporaneo di un'Italia distrutta, ma felice di essere sopravvissuta; desiderosa di ricominciare da quel poco che ha e non di rivendicare ciò che le è stato tolto. Nessuna tensione verso il riscatto può essere concessa da chi ha imparato la cruda realtà della guerra sulla propria pelle: se il protagonista inizialmente non riesce a entrare nell'ottica di questa morale, che è a suo parere un modo di accontentarsi, pian piano nel corso del film egli saprà aprire gli occhi e comprendere meglio ciò che è davvero importante e ciò che non lo è. Versare altro sangue per vendicare il sangue versato non lo è, ma metterlo in testa a chi viene dalla campagna di Russia è un'impresa complicata; Malaparte in Russia c'era stato e poteva parlarne a ragione. Oltre che della sceneggiatura, lo scrittore si occupa delle musiche originali (invero non esaltanti, ma tanto di cappello di fronte alla versatilità dell'artista); il ruolo in cui Malaparte se la cava peggio è in ogni caso dietro la macchina da presa, firmando una regia piuttosto traballante. Interpreti di alto livello: Raf Vallone, Gino Cervi, Gabriele Ferzetti, Rina Morelli, Anna Maria Ferrero, Alain Cuny; fotografia di Gabor Pogany. L'autore morirà pochi anni più tardi, troppo presto per vedere la trasposizione sul grande schermo, a cura di Liliana Cavani, del suo romanzo La pelle (1981). 6/10.
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