Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Allegra come un’operetta, la vita sotto gli zar nella Russia degli ultimi decenni del secolo scorso, con i cadetti che si divertono a far scherzi ai balli della buona società e intrecciano occhiate e amori con le ragazze della scuola di ballo o con misteriose avventuriere americane. Raccontato così “Il barbiere di Siberia” di Nikita Mikhalkov, parrebbe un ritorno alle sontuose suggestioni narrative dei film di un tempo dell’autore. Invece quel che resta del cinema di Mikhalkov, non è né la tensione narrativa, né la qualità affabulante, ma una sontuosa autoconsapevolezza della propria maniera, che lo porta a esibirsi in brani di vano virtuosismo, a muovere in continuazione masse e carrelli, a stabilire un imbarazzante parallelo tra se stesso e Mozart (e tra se stesso e lo zar Alessandro III, che interpreta un cameo celebrativo), a dilatare per tre insostenibili ore un storia d’amore scontata; Julia Ormond, per quanto bionda, non è Marlene e gli allegri cadetti sfiorano più volte il ridicolo. E il romanticismo si esaurisce tutto in superficie, senza neppure sfiorare lo strazio di un paio di scene di “Zivago” (che pure non è il migliore Lean).
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