Regia di Anthony Russo, Joe Russo vedi scheda film
Opzionato per un milione di dollari il romanzo semi-autobiografico di Nico Walker pubblicato nel 2018, i fratelli Joe & Anthony Russo ne affidano la sceneggiatura ad Angela Russo, sorella della coppia di cineasti, e a Jessica Goldberg che rielaborano il romanzo, scritto dall’autore durante la permanenza in carcere, trasformando una complessa vicenda personale ricco di spunti e opportunità diversificate in un racconto squilibrato, dense di modalità narrative differenti ma affastellato di velleità cinematografiche che però non riescono davvero a cogliere nel segno.
Il Cherry del titolo è un appellativo, un soprannome che viene dato in guerra a chi non ha ancora partecipato ad azioni di combattimento, in quanto non viene mai rivelato il vero nome del protagonista che viene così identificato e in cui i diversi capitoli della vita in cui è divisa la pellicola vengono evidenziate da vivide sfumature di rosso che cambiano di tonalità come quelle delle ciliegie a secondo della maturazione, dal più accesso al più spento, e che accompagnano nella pellicola il percorso del protagonista.
Cherry pretende di essere versatile in funzione delle molteplici forme che assume durante il racconto, diviso in cinque parti più un prologo e un epilogo, storia d’amore adolescenziale che di volta in volta diventa war movie e quindi racconto di reduci con trauma post-bellico e successiva caduta nella tossicodipendenza, dagli oppiacei e xanax iniziali alla eroina e cocaina, e poi a una vita di criminale e da rapinatore di banche per ripagare i debiti di droga fino al carcere e quindi alla lenta riabilitazione finale per un epilogo almeno speranzoso, dopo tanto penare, di un possibile lieto fine.
I fratelli Russo provano a sganciarsi dalla loro confort zone adattando in questo caso atmosfere differente e raccontando un diverso tipo di società americana, quella della generazione nata e cresciuta dopo l’11 Settembre e quindi impreparata e più esposta, anche empaticamente, al disorientamento sociale e alla crisi.
Ne risulta un film cupo quanto progressivamente decadente, tra pessimismo e autolesionismo, in una mortificazione del sogno americano e dei suoi simboli che é altresì un esercizio di stile che sconfina in altri rimandi cinematografici, da Scorsese a Full Metal Jacket, da Jarhead a Brothers di Jim Sheridan in una stratificazione radicale quanto complessa, un imprevedibile ibrido non perfettamente incasellabile anche a causa di una scrittura che rivela qualche incertezza di troppo.
Un blockbuster dall’impatto estetico e contenutistico esasperante, molto (troppo) ambizioso e con una struttura insolita, per quanto in apparenza lineare, volutamente fuori fuoco nella diegesi che si allarga e si restringe a secondo del dramma vissuto, ma che distoglie lo sguardo dalla trama per abbracciare un impianto registico che si insinua distorta e allucinata nella psicologia dei personaggi in un’esasperazione postmoderna al punto che una citazione non é più sufficiente se non rivendicata, in un misto di citazionismo e arroganza, da una personalissima poetica.
Ottima la colonna sonora di Henry Jackman ma il film é soprattutto nell’interpretazione di Tom Holland, coraggiosa e paranoica nell’amministrare una angoscia interpretativa portata a dei livelli estremamente maturi, ma importantissimo é anche l’apporto di Ciara Brava, giovanissima attrice e doppiatrice dalla carriera soprattutto televisiva, probabilmente l’unico vero punto fermo di Cherry nel quale viene risucchiata nella spirale di malessere psicofisico ma anche unica ancora risolutiva al lasua salvezza come sembra suggerire il finale (ed é interessante che proprio il suo personaggio non fosse presente nel romanzo e sia stato invece inventato apposta per il film).
VOTO: 5
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