Regia di Edward Norton vedi scheda film
Motherless Brooklyn è un noir scoppiettante, montato in maniera veloce ma non frenetica e soprattutto incentrato su un personaggio spassoso che, se da un lato permette a Norton attore di gigioneggiare a briglia sciolta, dall'altro dà a Norton regista la possibilità di mitigare la tensione della storia intervallandola con impagabili momenti di humor
Nella New York degli anni '50, Lionel Essrog (Edward Norton) si dà da fare come aiutante del detective privato Frank Minna (Bruce Willis), che da piccolo lo aveva prelevato da un orfanotrofio nel quale le suore gli impartivano la loro educazione a suon di botte: incurante della sindrome di Tourette da cui è affetto, che gli causa tic bizzarri e gli fa uscire dalla bocca - involontariamente - suoni e parole spesso censurabili, Frank (che lo chiama Brooklyn) lo considera da sempre il migliore delle sue quattro spalle ed apprezza la meticolosa precisione della sua mente ossessiva. Quando questi viene fatto fuori in circostanze misteriose, Lionel 'Brooklyn' dà fondo alle capacità della propria memoria per rimettere insieme i pezzi dell'indagine che l'ha portato alla morte: progressivamente abbandonato dai tre ex compari, presto dimostratisi inadatti (chi per incapacità e chi per ignavia) ad indagare con la schiena dritta, si ritroverà solo a girare tra i sobborghi, scoprendo un intreccio che tira in ballo l'uomo più influente e pericoloso della città.
Dopo aver preso per la prima volta in mano nel 1999 il romanzo Motherless Brooklyn di Jonathan Lethem (ambientato negli anni '90), Edward Norton ha impiegato vent'anni per scrivere (traslandolo indietro di quaranta) questo adattamento, dirigerlo, produrlo e recitarci come protagonista. La lunga attesa è però servita ad ottenere risultati ottimi: Motherless Brooklyn è un noir scoppiettante, montato (da Joe Klotz) in maniera veloce ma non frenetica, e soprattutto incentrato su un personaggio spassoso che, se da un lato permette a Norton attore di gigioneggiare a briglia sciolta, con un'infinita serie di smorfie, urli e falsetti in rima giustificati dagli scompensi del personaggio, dall'altro dà a Norton sceneggiatore e regista la possibilità di mitigare la tensione della storia intervallandola con impagabili momenti di humor nonsense; e merito tutto suo è quello di riuscire a non annacquarla mai, tenendo la teoria delle cantilene tourettiane del protagonista come una sorta di arma da usare alla bisogna attingendo ad un canale parallelo ma affatto secondario, essendo la sindrome del protagonista parte fondante dell'ossatura del racconto, per come, a portarlo ossessivamente alla ricerca della soluzione, sia proprio la sua necessità patologica di dare un ordine al caos che c'è (non solo) nella sua testa (ma anche fuori).
Il girovagare con la leggerezza di un bambino tra gli 'slums' di Brooklyn, i jazz club di Harlem e le stanze del potere di New York City di questo strambo detective snobbato da tutti e fuori dagli schemi, varrebbe il prezzo del biglietto anche solo se si limitasse ad essere un omaggio ad una città - e ai suoi ritmi - che il regista e l'autore del libro evidentemente amano: in più, e non è poco, c'è una storia credibile, divertente e ben strutturata.
Da segnalare, accanto al corposo score di Peter Pemberton e alla colonna sonora prevalentemente jazz, la presenza di una ballata scritta e interpretata da Thom Yorke & Flea appositamente per il film, intitolata Daily Battles.
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