Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Questo film racconta l'ultimo anno di vita presso la cittadina tunisina di Hammamet di un personaggio nel quale è riconoscibile Bettino Craxi. L'uomo politico, la cui salute si aggrava sempre di più, qui è assisitito dalla figlia Anita e riceve visite da chi gli è legato, sia per vicende pubbliche, sia per motivi personali. Tra chi intrattiene rapporti con lui, oltre alla consorte ed altri familiari, all'amante, ad un altro politico, c'è Fausto, figlio di Vincenzo, un vecchio compagno di partito morto presumibilmente suicida, instabile di mente. L'uomo politico stabilisce un legame particolare con questo giovane. Probabilmente, essendo stato coinvolto nelle vicende che hanno portato alla morte di Vincenzo, si sente responsabile del disagio del ragazzo, giunto lì con una lettera di accuse e l'intenzione di fare vendetta. Il "Presidente" smorza tale proposito ed inizia a trasmettere a Fausto le proprie memorie, finchè il giovane scompare. L'elemento che più ho apprezzato del film è la ricostruzione del personaggio di Craxi. Lontano dai riflettori, inviso a buona parte dei cittadini italiani, ormai quasi privo del suo potere, di cui ne conserva una parte, in virtù dei segreti di cui ha conoscenza, il "Craxi" politico non ha perso il suo carisma, la sua autorevolezza; il "Craxi" uomo, la sua testardaggine. Lo dimostra in ogni momento della sua giornata, della quale, nonostante le preoccupazioni della figlia, dolente e protettiva nei nei suoi confronti, rimane padrone. E' costretto alla resa dalle molte malattie che lo affliggono, non dalle minacce che giungono dalle procure italiane. Ad una poca cura per il proprio benessere fa contrasto la razionalità del suo pensiero. A questo proposito, però, sovviene una riflessione. Benchè nitido nell'enunciazione, quanto emerge della dottrina politica del suo partito appare assolutamente vuoto di contenuti. Non si parla di diritti e doveri, conquiste e perdite; si parla di intrighi, scambi di favori, giochi di potere. Ciò attesta una certa onestà del personaggio - quella di ammettere che "rubava", lui, come gli altri esponenti politici, per consuetudine "longo tempore adprobata" - e rende l'idea di quale vuoto e quale malessere affliggessero politica e poteri economici italiani negli anni '80. Il regista sceglie di non giudicare il personaggio sotto il suo profilo pubblico. Lascia comprendere quanto fosse malvisto in Italia, ma, al tempo stesso, come egli fosse un "figlio del suo tempo". Probabilmente, tra chi lo odia, c'è chi, per complessi rapporti causa-effetto di difficile ricostruzione, s'è avvantaggiato di comportamenti criminosi posti in essere dal "Craxi" o dai suoi pari. Bravissimo Pierfrancesco Favino - reduce da un'altra interpretazione non facile di un personaggio controverso - quella di Tommaso Buscetta ne "Il Traditore" di Marco Bellocchio - nel ruolo dell'uomo politico. Ottima la resa delle emozioni che sembrano animare l'anziano, piegato dalla malattia e, dal suo punto di vista, costretto all'esilio, ma non domo. Complimenti infine ai truccatori. Tuttavia, l'attore non è in grado di avere sulle sue spalle l'intero "peso" del film, la cui visione a me è risultata assai ostica. Il ritmo è lentissimo. Da un punto di vista scenografico, vediamo ambienti e panorami della cittadina di Hammamet. Da un punto di vista intellettuale, le enunciazioni del protagonista si ripetono costantemente. La vicenda di Fausto mi ha un po' incuriosito, ma non mi ha evitato il cadere della palpebra, nella seconda parte del racconto. Ritengo l'opera valida per la descrizione del personaggio; un po' meno per le vicende ad essa connesse.
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