Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Di cosa parliamo quando parliamo di Hammamet? Località turistica della Tunisia dove un bel giorno arrivò,non so come e con quali mezzi per viverci così a lungo,protetto da soldati armati fino ai denti,un tale che la Giustizia del suo Paese aveva condannato a parecchi anni di galera per aver rubato a man bassa.E da lì mai più tornò.
Sonata for Hitler, documentario di 11 minuti, girato nel 1979 da Sokurov mostrò come parlare del destino di un uomo fornendo in pochi minuti una lettura della storia scevra da revisionismi e capace di assurgere ad altissima potenza lirica.
Le note di Bach e di Penderecki celebrarono il De profundis, poi il corto diventò il magnifico Moloch, primo atto della trilogia del potere seguito da Taurus e Il Sole su Lenin e Hirohito.
Perché questa incursione nel mondo di un Maestro del cinema? Perché quando si va in apnea bisogna pur riemergere e tirar fiato.
Hammamet, Craxi, il gran mascherone di Favino e Amelio mandano in apnea.
Almeno me, visti gli alti gradimenti in giro.
Trattandosi di biopic, impossibile bypassare il personaggio in esame, ed è il primo ostacolo.
Non ad una corretta esegesi del film, ben presto liquidabile con un “mediocre” (e vedremo presto perché), piuttosto l’ostacolo ad una visione che mantenga la giusta distanza, visto che pone al centro un uomo che non ha nulla che possa fare di lui un’icona, nel bene o nel male, nulla che lo renda rappresentativo di una condizione dell’uomo, nulla della tragica tensione di ritratti, che so, di Rembrandt “… il cui "tempo" può essere intuitivamente sentito”.
Nulla, Bettino Craxi fu un emerito nulla. Perché farne un biopic? Perché se ne fanno tanti anche di piccoli uomini ignoti. Certo, ma non sembra che Hammamet sia nato in questa prospettiva.
Il Lenin di Taurus è un piccolo uomo malato senza potere, il misero Volodia a cui la moglie dice impietosa:
“Sei come una volta –non hai famiglia, né amici, né casa”
“Ma io ho la Storia”
“Hai solo la malattia”
Craxi è sì malato e precocemente invecchiato, ma la sua caduta non emoziona, più che diventare, come Volodia/Lenin, parabola universale del destino dell’uomo, è solo un rancoroso pieno di ironia sprezzante.
Hirohito, il Sole dell’Impero, 124° imperatore discendente della Dea del Sole, figlio di Taisho, nipote di Meiji. il piccolo Hirohito che Terzani definì “prigioniero della storia”, trovò in Issey Ogata un interprete che gli somigliava moltissimo e non servirono defatiganti sedute di trucco.
Neppure Hirohito arrivò a sedersi davanti ad untribunale giudicante sui crimini di guerra, ma il gesto inevitabile e non meno doloroso fu compiuto con dignità profonda “:Io vengo davanti a Lei, Generale MacArthur, per offrire me stesso al giudizio delle Potenze che Lei rappresenta, come colui che porta l'esclusiva responsabilità per ogni decisione politica e militare adottata e per ogni azione compiuta dal mio popolo nella condotta della guerra”.
E Hitler? Il demone di tutti i demoni? Come lo ritrae Sokurov nei giorni della caduta? Un uomo di potere grottesco e devastato:
“… quel loro Duce, un grandissimo Fürher, un esempio per tutti, quel classico profilo da patrizio, l’atteggiarsi orgoglioso della testa,la mascella che minaccia di stritolare chiunque… invece è da considerarsi un perfetto idiota, non capisce nulla di arte, sbadiglia di fronte ad un capolavoro…”
Tre potenti che la Storia non dimenticherà mai, perché è la vita che inventa intrecci, climax, peripezie e catastrofi che solo un gran drammaturgo cinematografico può riprodurre e sublimare in arte.
Al contrario, di Craxi ci si dimenticherà nel corso di qualche generazione, al massimo qualche scribacchino in cerca di editori lo inserirà in una silloge di seconda mano su furbacchioni che, da Atene e Roma in poi, rubarono e la fecero franca.
Che abbia malversato, prevaricato, abusato, che abbia pomposamente tuonato i principi della sua morale (“non ho fatto nulla che non abbiano fatto e continuino a fare altri, e dunque?” ) dagli spalti di un Parlamento e di un Governo Italiano di cui fu degno rappresentante e guida, è questione che riguarda la Giustizia. Noi gente comune possiamo continuare a fargli processi postumi sui media o sui social, i giudici hanno già detto la loro, possiamo indignarci sulle connivenze che alimentarono il suo “regime”, condannare le sue scelte politiche ed economiche, schifarci del suo “machismo” ad oltranza, tutto può ancora accadere, sono trascorsi pochi anni e la Storia ha bisogno di riflettori più potenti, che guardino da distanze non misurabili con metri a fettuccia.
E allora di cosa parliamo quando parliamo di Hammamet?
Parliamo di una bella località turistica della Tunisia, molto presente sulle rotte di vacanzieri in cerca di esotismo, dove un bel giorno arrivò in una villa niente male, non so come e con quali mezzi per viverci così a lungo, protetto da soldati armati fino ai denti, un tale che la Giustizia del suo Paese aveva condannato a parecchi anni di galera per aver rubato a man bassa. E da lì mai più tornò. Punto.
Che poi la cosa abbia tanto commosso Amelio che, pieno di umana pietas, ha voluto pensarlo lì, solo, si fa per dire, e malato, pieno di rancore più che di nostalgia, e di fame (uno spettacolo vederlo piluccare nel piatto di pasta degli altri! ), sempre pronto a scagliarsi contro quei farabutti dei giudici (arriva perfino a sognarne uno seduto a capo del Parlamento), lui così diverso dai suoi cortigiani, così più alto (al povero Vincenzo della sequenza iniziale manca un’intera testa per stargli accanto, forse per questo si uccise) e più in alto, rincorso da tutti, gli tiravano addosso mazzette, non era mica lui…!
Che tutto questo diventi un film, è qui il disastro.
Non importa che non si facciano i nomi, neppure il suo, o che vengano cambiati quelli di altri per non so quale licenza poetica, non importa che nello spazio di due ore la noia regni sovrana.
Non importa, noi poveri spettatori saremo stati le ultime vittime designate ad assistere a questo “crepuscolo della volontà” di un simil-OltreUomo diventato un manichino grottesco.
Il guaio è l’inconsapevolezza di tutto ciò da parte di chi lo ha messo in scena credendo di fornire un lato umano doveroso ancorchè dimenticato.
No, caro regista, il lato umano non è questo, in nessuna cosa del mondo.
Questo è il lato peggiore, quello che mostra la debolezza corriva, il bisogno di sputare ancora in faccia al mondo, l’arroganza di chi muore senza aver chiesto perdono a nessuno.
Neppure alla sua sciocca amante venuta a riprenderselo, vecchio e malato. Neppure a lei! Che signore!
E la sequenza onirica finale sulle guglie del Duomo di Milano è il degno coronamento di un film ipocrita, falso come una moneta falsa.
La sciarpa felliniana che lo avvolge non è rossa, è un bel marroncino cachemire, ma fa scena.
Omero Antonutti, il padre che lo aspetta da tempo, lo coccola e lo rimprovera, come un tempo, quando, chierichetto bricconcello tirato per un orecchio dal prete, rompeva vetrate con la fionda.
Un destino, che ci volete fare? marachelle, un bricconcello, fin da piccolo!
www.paoladigiuseppe.it
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