Regia di Adam Robitel vedi scheda film
C’è stato un tempo in cui un gioco in cui ti rinchiudono dentro una stanza piena di enigmi che solo risolvendoli ti garantiscono la via d’uscita, ha preso il sopravvento nel nostro paese, e non solo. L’Escape Room è stato un fenomeno (non di massa) che ha invaso i nostri weekend (anche alcuni dei miei) mossi dalla curiosità di testare la propria intelligenza e il proprio sangue freddo, in situazioni in cui l’ansia la fa da padrona, senza poi un motivo specifico considerando che non ci lasceresti la pelle se perdessi …
… ed è proprio da qui che parte la sceneggiatura, misera, del film di Adam Robitel che vanta nel suo curriculum qualche esperienza di sceneggiatura in thriller/horror truculenti ma che evidentemente non possiede la capacità di mettere in pratica un testo che abbia quel qualcosa di necessario a costituire un thriller psicologico degno di questo nome.
Sei personaggi con apparentemente nulla in comune, attirati da una ingente somma di denaro, finiscono chiusi in una stanza con a disposizione solo un’ora di tempo per trovare la chiave per liberarsi e darsi alla fuga. Difficile però far ragionare il cervello nella situazione in cui sai e senti la morte che con il suo alito ti sfiora il collo.
Ora, se non sei un adolescente che ha dalla sua il solo intento di recarsi al cinema per fare casino con gli amici, sarà molto difficili apprezzare la pellicola di Robitel considerando che le Escape Room, più che limitarsi ad osservarle possiedono in se il gusto di essere sviluppate. Fallito è quindi il tentativo di creare un imprinting che possa incrementare un interesse tale da mantenersi per tutta la durata e che invece si esaurisce già a qualche minuto dall’inizio quando concretizzi che non stai guardando altro che l’ennesima prevedibile pellicola dalla scarna trama.
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