Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Credo che questo film possa essere capito appieno solo con un forte sentimento di condivisione: trasferendosi in un'età biologica in cui si mescolano arte, ricordi, delusioni, amori (finiti ma immortali); in un corpo provato dagli acciacchi ma bambino nella mente e nei desideri (che probabilmente mai si sopiranno), quelli della sessualità e dell'amore come quelli dell'invenzione e del bisogno ineludibile di dire e di fare ancora arte; arrivando a vivere la contemporaneità, la sovrapposizione dell'essere figlio amorevole e madre morente. Insomma, un turbinio di emozioni emergenti da un volto, quello di un bravissimo Banderas, che riesce (appena aiutato dal grigiore della sua chioma e della sua barba spesso incolta) a far dimenticare i passati ruoli di bel tombeur de femmes; che invece ci appare, di momento in momento, di fotogramma in fotogramma, come un padre, un fratello, un amico, un amante... o forse più semplicemente un uomo talmente solo da sfuggire anche alle suadenti attenzioni di sorella morte. Un uomo che continua strenuamente - ma pudicamente - ad amare... ma di un amore talmente sublime da sfuggire persino alla spesso dirimente definizione omo-etero, un uomo che riesce ad esprimere tutta la profondità delle proprie emozioni proprio nella capacità di farle percepire senza esprimerle, anzi trattendole... facendole scoppiare dentro e, solo di riflesso, fuori.
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