Regia di Michael Apted vedi scheda film
Non un grande film, però assai interessante. Dai risvolti estremamente inquietanti, con un Hugh Grant brillante, sebbene, qua e là, titubante, un superbo Hackman e un paio di scene raggelanti.
Ebbene, oggi recensiremo il sottovalutato, assolutamente da riscoprire, rispolverare e dunque da rivalutare seduta stante, Extreme Measures - Soluzioni estreme, firmato dal compianto e valente Michael Apted, regista, ahinoi, dimenticato, forse non eccelso, certamente, in vita definito, sbrigativamente, soltanto un bravo mestierante, invero capace di girare film di genere nient’affatto trascurabili, anzi, compattamente robusti e spesso perfino pregiati, quali, per esempio, Gorilla nella nebbia e Conflitto di classe con Gene Hackman. Quest’ultimo, peraltro, tornò per l’occasione, giustappunto per il titolo da noi preso in questione, nelle prossime righe disaminato, a lavorare con Apted, recitando assieme ad Hugh Grant. A sua volta, patrocinatore di quest’opus, prodotto da Elizabeth Hurley, all’epoca compagna storica dell’appena succitato protagonista di Quattro matrimoni e un funerale. Il quale, come giustamente osservò Morandini nel suo Dizionario dei film, qui assurse e fu elevato al rango di star in seguito all’inaspettato successone dell’appena sopra citatovi film di Mike Newell (Donnie Brasco). Approdando, in pompa magna, ad Hollywood. Morandini che, però, peccò di grave imprecisione, accreditandolo erroneamente fra i produttori mentre, come invece affermato e puntualizzato giustamente da noi, di Extreme Measures - Soluzioni estreme fu producer soltanto la bellissima Liz. Che Morandini accreditò, di nuovo in maniera scorretta, nel cast, quando invece, in tal pellicola, non compare neppure un istante. Tralasciando questa necessaria precisazione, entriamo più vivamente nei dettagli e immergiamocene criticamente... Extreme Measures - Soluzioni estreme è sceneggiato dal regista (Michael Clayton) e writer di spicco, Tony Gilroy, tra i preferiti di Taylor Hackford, per cui scrisse L’ultima eclissi, L’avvocato del diavolo e Rapimento e riscatto, particolarmente celebre per aver allestito gli script del franchise The Bourne... con Matt Damon. Dirigendo, ovviamente ancor sceneggiando lui stesso, il capitolo The Bourne Legacy con Jeremy Renner.
Trama, sintetizzatavi molto per evitarvi spoiler superflui:
A New York, l’ambizioso, volenteroso, volitivo e idealista dottor Guy Luthan (Hugh Grant), assiste impotentemente alla spaventosa morte di un uomo, malgrado i suoi tenaci sforzi per salvarlo, avvenuta sotto i suoi occhi incolpevoli e straziati. Si trattava d’un paziente giunto d’urgenza al pronto soccorso in cui lavora Guy, colto da inspiegabili ed anomali spasmi e contrazioni lancinanti. Di tal evento, Guy rimane comprensibilmente scioccato e tenta perciò disperatamente ed umanamente d’indagare in merito a tale stupefacente, agghiacciante evento tanto macabro e raggelante quanto scientificamente, ripetiamo, a prima vista, irrazionale. Dapprima, ingenuamente prova a consultarsi coi suoi superiori, dunque, pian piano e in modo angoscioso, entra sempre più terribilmente a contatto con una realtà spettrale da mettere i brividi. Qualcheduno, ai piani alti e gerarchici del più sinistro e insospettato ordine medico nascosto al buio, sta segretamente compiendo brutali aberrazioni e cinici esperimenti da laboratorio, utilizzando innocenti cavie, per l’appunto, umane. L’apparentemente irreprensibile Dr. Lawrence Myrick (un Gene Hackman, al solito, eccellente, mellifluo, viscido e serpentesco) n’è uno dei principali responsabili e tremendo congegnatore e sta celando ed insabbiando la verità più mostruosa? Ed è per di più disposto a tutto, anche ad eliminare l’oculare testimone scomodo che, giustappunto, risponde al nome del temerario e inarrendevole Luthan?
Fotografato distintamente da John Bailey, musicato con stile da Danny Elfman, Extreme Measures - Soluzioni estreme dura esattamente un’ora e cinquantotto minuti netti e, dopo un incerto e farraginoso incipit con poco ritmo e non incalzante, dalla sua parte centrale in poi, diviene pienamente appassionante, pur rimanendo nell’ambito della pura e forse prevedibile convenzionalità tipicamente a stelle e strisce ed americana in toto. Distinguendosi per l’accorta ed elegante regia di Apted e diventando assai intrigante e visivamente affascinante quando l’azione si sposta nel tetro sottobosco d’una Big Apple mortifera, abitata da fantasmatici, inquietanti barboni e impressionanti uomini di strada paurosi e terrorizzanti.
Nel ricco parterre, una brava Sarah Jessica Parker, David Morse, J.K. Simmons, Paul Guilfoyle, Bill Nunn, Debra Monk e perfino il grande David Cronenberg in un cammeo di classe.
di Stefano Falotico
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