Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
Questa biografia andrebbe rivista ogni 4 ottobre. Ammirevole, infatti, non tanto per qualità tecnica quanto per povertà di mezzi, una povertà davvero francescana, che trae la sua forza dalla più assoluta semplicità. Atmosfere dismesse, musiche “del silenzio”, voci sussurrate. Il volto ingenuo di Lou Castel trasmette bene il suo messaggio di carità, per quanto l’incultura sia un tantino esagerata a paragone del vero Francesco. Bene anche il Bernardone di Sbragia, misto di durezza e di intimo dolore. Poco evidenziato, purtroppo, l’amore per la natura a esclusivo vantaggio dei rapporti umani, tutti centrati sulla timida sottomissione di Francesco, il cui rifiuto a qualsiasi dottrina è rivolto contro i sapienti che allontanano l’uomo dall’istintiva compassione. Indovinata pure la parola “arroganza” nel criticare l’eccessivo zelo di povertà, quasi che l’ostentazione della più estrema indigenza sia paradossalmente sinonimo di presunzione: tale sospetto non manca di essere evidenziato dalla Cavani, cui fa da antidoto l’ottima decisione di rinunciare alle stimmate miracolose, sostituite da un evasivo “non mi vuole nemmeno far vedere le mani”. Francesco più uomo che Santo, dunque, superando ogni stereotipato cliché cattolico-edificante che avrebbe valso una stelletta di meno.
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