Regia di Dario Albertini vedi scheda film
Manuel è un ragazzo buono, dallo sguardo mite e dai modi garbati, alto e magro. Ha appena compiuto diciotto anni: per lui è tempo di lasciare la casa famiglia di Civitavecchia dove è stato costretto a crescere perché non ha un padre e perché sua madre è in carcere, a Rebibbia. Torna così a vivere nella casa dell'estrema periferia romana che è stata abbandonata nel più totale caos, la riordina e si dà da fare affinché sua madre possa ottenere gli arresti domiciliari e lui diventarne il tutore.
Dario Albertini esordisce dietro la macchina da presa con un lungometraggio che appartiene di diritto a quel sottogenere del melodramma che sta diventando il realismo di periferia. Il film poggia per intero sull'interpretazione intensissima e crepuscolare di uno straordinario Andrea Lattanzi, che dà colore a qualsiasi sfumatura, riempie i vuoti e i molti silenzi dell'opera, ci porta dritti dentro lo smarrimento del suo personaggio, costretto - in giovanissima età - a prendersi responsabilità immani. Un film d'attore, dunque (ma i comprimari sono anch'essi diretti con eccezionale realismo), capace anche di raccontarci il frutto della meglio gioventù di oggi: quella cresciuta tra la repressione dell'educazione istituzionalizzata e le tentazioni di amici che cercano la strada più facile per arrivare al denaro, ma che non si lascia intrappolare né dall'una né dalle altre.
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