Regia di Dario Albertini vedi scheda film
Pare che il Cinema italiano voglia provare a ripartire dalle periferie, un po' come il Cinema sociale inglese degli ultimi anni, quello dei Loach o dei Leigh, anche se in questo caso c'è meno rabbia e più rarefazione, più silenzio, e si potrebbero citare i Dardenne. Nomi importanti, mi rendo conto, per un nuovo esordio, quello di Albertini, che passa dal documentario al cinema di finzione. E in "Manuel" come è successo pure nel superiore "La Terra Dell'Abbastanza", c'è anche la bella novità di un attore nuovo, giovane, questo Andrea Lattanzi, dinoccolato e asciutto, ma molto positivo, a cui si deve la riuscita del film. Una storia di casa famiglia, di disagio sociale, di madri in carcere con il futuro incerto, che Manuel si carica sulle spalle magre e forti e si porta in giro per novanta minuti interessanti. Un racconto di crescita feroce, rapida, prematura, in un mondo che non aspetta, ma anche in grado di evidenziare le fragilità di un ragazzo a cui la cravatta e le responsabilità stanno ancora strette. A volte, però, si ha l'impressione di un film troppo diluito, con scene eccessivamente lunghe e gli attori di contorno non sempre funzionano bene, rendendo un po' posticcia la messa in scena, che invece dovrebbe essere più netta e reale. Però "Manuel" è un gran bel tentativo di uscire dagli schemi della commedia trita e ritrita e, come ho già scritto, prosegue questo nuovo interessante filone del Cinema delle periferie e dei dialetti. Tornare alle storie semplici, si fa per dire, per raccontare lucidamente la realtà italiana. Finalmente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta