Regia di Pascal Laugier vedi scheda film
Beth e Vera sono due giovani sorelle molto diverse tra di loro. Beth è mora, occhi neri e penetranti, introversa e timida, amante della letteratura horror (di Lovecraft in particolare) e lei stessa una scrittrice alle prime armi; dotata di una fervida immaginazione si rifugia spesso in un mondo tutto suo fatto di sogni. Vera è bionda, dal carattere spregiudicato e più intraprendente rispetto alla sorella; ama truccarsi, ascolta la musica nelle sue cuffie per non sentire i dialoghi tra la sorella e la madre, di cui è gelosa, rinfacciando sempre più spesso a quest'ultima una preferenza per Beth a scapito suo. Tutti questi aspetti psicologici dei personaggi si intuiscono e percepiscono nei primi minuti di incipit del film, quando le tre donne si stanno avviando in macchina verso la loro nuova casa ricevuta in eredità da una zia alquanto eccentrica. Infatti la casa è una sorta di museo che raccoglie decine e decine di bambole antiche, dando alla dimora un'aspetto a dir poco soffocante. Dopo poche ore dall'entrata in possesso della casa, le tre donne vengono brutalmente aggredite da due tipi che avevano già incrociato lungo la strada, a bordo di un camioncino per dolci.
Vera viene immediatamente presa dal più grosso e violento dei due, mentre Pauline cerca disperatamente di salvare le figlie cercando di immobilizzare quello più magro, ma sicuramente il più inquietante. Dopo questa terribile avventura, Beth riesce a trovare la sua salvezza lasciando madre e sorella, diventando una scrittrice di libri horror di gran successo. Pauline invece è rimasta nella casa per accudire Vera che non si è più ripresa a livello psicologico dalla violenza subita. Proprio quando è all'apice del successo, mentre sta promuovendo l'uscita del suo ultimo best seller, che si ispira nemmeno troppo velatamente alle vicende vissute nella casa con le bambole, Beth riceve una telefonata da Vera, che la supplica di tornare per salvarla. Una volta tornata a casa, Beth si rende conto che le cose sono precipitate e non sono più gestibili dalla sola madre. Pauline infatti pare non rendersi pienamente conto delle condizioni di Vera, che continua a vivere nel seminterrato dove è stata violentata, ancora circondata dalle bambole della zia, vaneggiando di entità che ancora la perseguitano.
A questo punto mi devo fermare. Mi devo fermare nel raccontare la sinossi perché il film prende una piega alquanto intrigante giocando tra presente e passato. Non ho usato il termine “giocando” a caso. Il titolo è infatti tra i più descrittivi utilizzati negli ultimi tempi: La casa delle Bambole. La casa delle bambole è uno tra i giochi preferiti di tutte le bambine, spesso ci si ostina a giocarci anche quando l'età non lo esige più, quando si diventa troppo grandi e si dovrebbero lasciare le bambole e le storie fantastiche per affacciarsi ai veri rapporti sociali e affettivi. Cosa succede, invece, se la pratica del gioco diventa un meccanismo incontrollabile? Le bambole diventano oggetti del desiderio e la loro casa una prigione dalla quale è impossibile scappare.
“La casa delle bambole” evoca però anche il testo teatrale “Casa di bambola”, dello scrittore norvegese Ibsen del 1879, testo che vedeva la casa come prigione dorata, che voleva la donna relegata a figurina da collezionare e ammirare. Quindi un titolo importante, che riesce a sollevare subito molte aspettative che il film (per quanto mi riguarda) accontenta.
Pascal Laugier torna alla grande, dopo 6 anni dall'ultimo “I bambini di Cold Rock” e da ben 10 dal bellissimo “Martyrs” che gli aveva regalato un meritato periodo di gran successo. Purtroppo però il regista dovrà lasciare la Francia e l'Europa per vedere realizzato questo suo ultimo progetto. Il genere horror rimane nel vecchio continente ancora un “articolo da nicchia”, ed è in Canada che Laugier riesce a trovare la giusta produzione per vedere il suo film compiuto e distribuito.
Il regista francese scrive una storia al femminile, che però prende forma dalle sue esperienze personali. Laugier è stato un adolescente molto creativo e affascinato dal mondo del cinema, si è ispirato ai grandi registi horror, come Argento e Carpenter, per i suoi primi lavori con la macchina da presa; così la protagonista Beth è alla ricerca di un suo stile personale guardando al maestro Lovecraft. Anche Laugier ha avuto un fratello maggiore che lo prendeva in giro riguardo ai suoi sogni di gloria, consigliandolo di stare con i piedi per terra; così è Vera, che anche quando è nei suoi massimi deliri riesce lo stesso ad essere quella più realistica tra le due sorelle.
Poi ci sono i mostri. Non entità ultraterrene, ma veri mostri umani, nati da ossessioni e morbosità intime, che li hanno portati ad essere quasi dei mutanti della società. Non è chiaro il loro legame, perché stiano assieme, come mai viaggino su un vecchio furgone per i dolci, se sono parenti tra di loro, se siano scappati da qualche luogo misterioso o altro, la cosa certa è che sono reali e che le torture che praticano sono frutto di manie regresse. Il più grosso dei due è quello più pericoloso, apparentemente un minorato mentale, dal labbro leporino e dalla forza esagerata, tratta le donne come bambole di stoffa, annusandole sotto i pizzi cerca un appagamento sessuale che quando non arriva scatena tutta la sua aggressività. Il più magro è quello più ambiguo, dall'aspetto androgino, non sembra un uomo ma nemmeno una donna. Una sorta di creatura mal riuscita, che cerca di soddisfare il compagno minorato trovandogli bambole nuove con cui giocare.
È un horror, un horror utilizza giochi pericolosi e dal significato profondo. Il film di Pascal Laugier è un horror di forte personalità, che utilizza la struttura narrativa classica della storia dell'orrore (viaggio, arrivo alla dimora, manifestazione del maligno e lotta conclusiva per vincerlo) per raccontare i meccanismi comportamentali che si possono instaurare all'interno di una famiglia. Immaginare, vivere di sogni, creare mondi alternativi, può essere una pratica utile per crescere e formare una propria personalità; saper uscire dall'immaginario, abbandonare il mondo creato su misura, tornare alla realtà è la dimostrazione di essere cresciuti. Chi riesce a trovare il giusto equilibrio tra l'immaginario e il reale diventa uno scrittore e quando si è veramente bravi anche un regista.
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