Regia di Susanna White vedi scheda film
Poca azione e qualche scaramuccia romantico-cavalleresca, per un film liberamente ispirato al libro di una donna (E.Pollack), diretto da una donna (S.White) e interpretato da una donna (J.Chastain) che finisce per dipingere una donna (C.Weldon) come l'inconsapevole testimone della strumentalizzazione politica che pose fine alle guerre Sioux.
La pittrice newyorkese Catherine Weldon si reca nelle sconfinate praterie del Nord Dakota col fermo proposito di ritrarre il leggendario capo Sioux Toro Seduto, ormai consacrato leader in molte guerre indiane, odiato vincitore della battaglia di Little Bighorn e reduce da un tour circense mondiale al seguito di Buffalo Bill. La sua permanenza nella riserva Lakota di Standing Rock ed i suoi rapporti con il capo indiano tuttavia, andranno ben oltre le sue iniziali ed ingenue velleità artistiche.
Sitting Bull & Painting Goose
Nel recente revisionismo storico del moderno western americano (Hostiles), il dente avvelenato degli ufficiali di cavalleria, le ciniche trame di espansione della politica genocida di Washington e le sacrosante ragioni di un popolo fiero ghettizzato nelle riserve e vieppiù ridotto alla fame, sono gli asset portanti di un investimento culturale che dovrebbe coniugare la spettacolarità degli elementi classici legati al richiamo della morente frontiera (Dances with Wolves) con l'indiscutibile primato di un sentimento progressista assai minoritario nella sensibilità sociale di una potenza coloniale che perfezionava le ultime fasi della propria 'soluzione finale'. Insomma la Storia vista a posteriori e con un corredo di inevitabili strascichi moralisti in cui la tentazione di romanzare vicende sostanzialmente più complesse, conduce alle semplificazioni ideologiche della edificante vicenda di una vedova allegra della middle class della East Coast (in realtà una fedifraga di origine svizzera, tal quale la madre fuggita in America con un altro uomo che a sua volta abbandonerà) che sposa quasi per caso (all'inizio giura e spergiura di voler fare solo un ritratto, avendo dipinto quelli di grandi personalità del congresso, sic!) la giusta causa delle rivendicazioni dei nativi americani, cosa più che temuta, quasi suggerita proprio dagli ufficiali americani che cercano appena arrivata di rispedirla indietro. Ovviamente quanto temuto, ovvero quanto suggerito dai geniali strateghi (della tensione) in giubba blu, non potrà che avverarsi: lei subisce l'inevitabile fascino della divisa apache (soprattutto quando viene dismessa nell'intimità di una tenda, rivelando le grandi 'doti' di un leader decisamente taurino), lui ci casca con tutte le scarpe (o babucce di pelle di daino o qualunque diavolo di calzature indossassero i pellerossa del Nord Dakota) e loro ne approfittano per abrogare l'ultimo trattato (tanto facevano lo stesso senza) e rinverdire, a Wounded Knee, i fasti e le fosse comuni del glorioso Massacro del fiume Sand Creek. Poca azione e qualche scaramuccia romantico-cavalleresca di troppo, per un film liberamente ispirato al libro di una donna (Eileen Pollack), diretto da una donna (Susanna White) e interpretato da una donna (Jessica Chastain) che finisce per dipingere una donna (Catherine Weldon) come l'inconsapevole testimone di una strumentalizzazione politica che decretò la morte di Toro Seduto, pose fine alle Guerre Sioux e dove il cattivo di turno, il colonnello Silas Grove (Sam Rockwell), era l'unico buono, mentre il liberale e democratico generale Cook (Bill Camp) il mefistofelico e insospettabile boia venuto dall'est: una banale mistificazione romanzesca funzionale al racconto. Suggestivi alcuni stacchi in campo lungo, con le nuvole cariche di pioggia che promettono (e mantengono) tempesta e più che apprezzabile la fotografia di Mike Eley.
O donna, ma cosa ti sei messa in testa (a fare)!
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