Regia di Georg W.Pabst vedi scheda film
Fra i partecipanti a un ritiro spirituale di tre giorni ci sono: uno scrittore che non sa appagarsi del successo ottenuto grazie a libri di facile consumo; un politico in ascesa, tormentato dal rimorso per avere ucciso un vecchio e due bambine durante un’azione partigiana; un ex prigioniero di guerra tubercolotico la cui moglie, credendolo morto, si è risposata; il proprietario di una fabbrica di candele, che pensa solo a non perdere un’importante commessa del Vaticano; un borseggiatore, che si è rifugiato lì per sfuggire alla polizia e vorrebbe tanto andarsene. In parallelo si svolge la crisi di coscienza di un gesuita, che si sente inadeguato ai suoi compiti e medita di abbandonare l’ordine. Personaggi forse fin troppo esemplari distribuiti fra quattro storie drammatiche e due comiche: il difetto principale, oltre a una certa enfasi moraleggiante (relativa soprattutto al gesuita, che alla fine si ravvede in quattro e quattr’otto), è la scarsa fluidità nei passaggi dall’una all’altra, che si giustappongono senza amalgamarsi (per capirsi: Fabrizi e Panelli sono efficaci, ma sembra che recitino in un altro film). Però nel complesso trovo che sia un’opera da rivalutare, coinvolgente e con una confezione moderna per l’epoca; apprezzabile la gradualità con cui allo spettatore vengono rivelati i vari retroscena, come per fargli condividere la fatica dei personaggi nello sdipanare i propri grovigli interiori.
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