Le excusatio non petita le lasciamo a quelli che si sono diplomati al miglior liceo classico della loro città e 40 anni dopo ne parlano ancora – le accusatio manifesta invece sono a ulteriore appannaggio di quelli che al curriculum aggiungono anche giurisprudenza. All’osteria degli anime, piuttosto, esiste solo un elenco di buoni motivi per inserire nella dieta seriale anche qualche sporadico cartone animato. Il buon motivo di oggi è che il linguaggio degli anime è rimasto l’unico, tra quelli dell’intrattenimento d’oggi, in cui trova cittadinanza un sottogenere che, contravvenendo a ogni regola della narrativa moderna, racconta la sua storia tenendosi consapevolmente alla larga dal conflitto e senza sottostare alla dittatura della risoluzione a tutti i costi. Recovery of an MMO Junkie risale al 2017 (lo trovate su Crunchyroll) ed è uno degli slice of life più interessanti – e meno ostici e/o violentemente di nicchia – degli ultimi anni.
La definizione di slice of life, peraltro, in Occidente e in Oriente ha due sfumature abbastanza diverse. Da noi si riferisce più direttamente al tranche de vie radicato nella tradizione teatrale, che prevede una ricerca naturalistica della messa in scena con dialoghi ispirati alla vita più reale e, magari, anche triviale. L’accezione acquisita da anime e manga, invece, assomiglia più a quella letteraria e letterale: la descrizione di un pezzo di vita di uno o più personaggi, senza che per forza debba succedere qualcosa di memorabile o speciale. È un sottogenere che punta alla costruzione di un contesto narrativo quotidiano e riconoscibile senza patemi, all’interno del quale si muovono personaggi perfettamente normali che interagiscono tra loro (il più delle volte con intenti romantici).
Recovery of an MMO Junkie è interessante perché mette sotto il riflettore una categoria di personaggi solitamente negletta dagli anime: i trentenni. Non solo. La protagonista Moriko è una trentenne che – dopo undici anni di normalissima trafila tra diploma e impeccabile carriera da ingranaggio del meccanismo – decide di sua spontanea volontà, probabilmente dopo un esaurimento fuori scena, di estrarsi dal consesso civile licenziandosi dal lavoro e dedicando le proprie giornate a un gioco di ruolo multigiocatore online, Fruits de Mer. Moriko sceglie apertamente di iscriversi al club statistico dei NEET, i giovani che non sono né studenti né lavoratori né altro.
È consapevole della propria decisione, pure se non va in giro a vantarsene facendo i caroselli. Anzi. L’obiettivo di questa scelta di vita è proprio quello di non dover avere più a che fare con lo stressantissimo galateo dei rapporti sociali. Moriko, infatti, è una di quelle persone abbastanza a disagio nei propri panni da sentirsi sempre un incomodo per gli altri, da percepirsi costantemente fuori luogo e inadeguata. Piuttosto che sopportare la continua vergogna di non sapersi rapportare agli altri, piuttosto che imporre la propria presenza e infastidire qualcuno, meglio risolvere il problema alla radice e isolarsi.
Moriko crea il suo personaggio in Fruits de Mer, il manzissimo ed eroico Hayashi, e si prepara a imbruttirsi davanti allo schermo spegnendo il cervello per i mesi a venire. Peccato che i giochi di ruolo, anche quelli online, si basino pur sempre sulle relazioni umane. Che sono sì mascherate da avatar che idealizzano e non rispecchiano del tutto la realtà, ma sono anche operate da persone in carne e ossa che riescono a vincere le proprie paure grazie al filtro dello schermo. Moriko/Hatashi entra in una gilda, fa amicizia con i personaggi con cui completa le missioni all’interno del gioco e specialmente crea un rapporto privilegiato con la guaritrice Lily, il primo avatar che ha incontrato e che l’ha aiutata dopo essersi iscritta al gioco.
Guidato dai canonici vettori di genere, il rapporto fra Hayashi e Lily si approfondisce sempre di più, confondendo Moriko tutte le (poche) volte che torna in sé stessa nella vita in carne e ossa. La ragazza chiede se si stia invaghendo di un’altra donna, ma soprattutto comincia a farsi qualche domanda sull’isolamento che si è auto-imposta. E se Moriko scoprisse che Lily, in realtà, è un giovanotto di nome Yuta? Un ragazzo che abita non distante da lei e che lavora anche con un suo ex collega.
Una persona che si sente altrettanto sola e inadeguata nella vita di tutti i giorni, e che si sente libera di esprimersi solamente online. Se i due riuscissero a scoprirsi anche offline, facilitati da un destino benevolo, riuscirebbero ad avere il coraggio di tornare alla realtà? È una domanda meno banale di quanto si possa pensare, perché Recovery of an MMO Junkie descrive con grande onestà e altrettanto affetto il mondo dei NEET e dei giocatori di ruolo online; che quando non sfociano nell’ossessione, sono in grado di costruire rapporti sociali tanto sinceri e solidi quanto quelli tradizionali.
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