3 stagioni - 40 episodi vedi scheda serie
Tutte le razze [umane] hanno lo stesso sapore.
"Happy Together!"
Dove eravamo rimasti:
“Quindi adesso sarà sempre così? Terremo la mamma nel seminterrato e la lasceremo uscire solo per fare la doccia e cacciare?”
Beh...no: intanto, per iniziare...Ramona's Back!
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Lo sai che ti va.
Allega copia del certificato di nascita.
Niente foto di cazzi (**), grazie.
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(*) «'Fanculo la Serbia: oltre ai tennisti [e pallanuotisti, NdR] è mai uscito qualcosa di apprezzabile da quel paese?»
(**) “Già... Ho dovuto aggiungerlo...perché evidentemente non era ovvio. Ma ciò ha reso le persone solo più creative...”
Pur andando costantemente in calando, dal riuscitissimo pilot (**** ) al più semplicistico final season (***), e forte di una forse inaspettato buon riscontro relativo alla prima annata, la seconda stagione di SCD - al contempo più strutturata, più cartoonesca, più solida, più seria, più compatta, più demenziale, più screwball, più slapstick della precedente - si libera da ogni remora e sforna una sfilza di episodi di circa 25' l'uno che sono come dita mozzate pronte da sgranocchiare: uno tira l'altro.
Drew Barrymore è (come) sempre (più) adorabile (burrosa & abbronzata). Timothy Olyphant (“DeadWood”, “Damages”, “Justified”) consolida la sua vena comica (sorprendente, ma naturalissima). La “coppia” di teenager composta da Liv Hewson (“Top of the Lake: China Girl”) e Skyler Gisondo (a cui s'aggiunge per un tratto, prima di partire verso Seattle per cause di forza maggiore, Ramona Young nei panni di Ramona, l'epitome della moral grey area) funziona alla grandissima.
Completano il cast la testa di Nathan Fillion, Mary Elizabeth Ellis (“It's Always Sunny in Philadelphia”), Natalie Morales (“Parks and Recreation”) e la breve ma indimenticabile presenza in una piccola parte di Gerald McRaney (“Simon & Simon”, “Major Dad”, “DeadWood”, “Jericho”, “UnderCovers”, “LongMire”, “SouthLand”, “House of Cards”, “This is Us”) nei panni del Colonnello (che fa il paio con l'apparizione di Grace Zabriskie nella scorsa annata).
Alcune serie più “impegnate” e “blasonate” possono pure scordarsi di raggiungere un così alto livello di approfondimento “sociale”, per quanto ovviamente basico (p)e(rché) condizionato dal genere:
• Autoreferenziale/1 - “Sta bene, ha solo visto una cosa in tv e ora vive la sua vita in base a quello.”
• Nerd / Ambientalista / the Anarchist CookBook - “La fratturazione idraulica [fracking, NdR] è una brutale profanazione del pianeta, anche se la scienza alla base è squisita.”
• Autoreferenziale/2:
- «Ora, voglio che voi due facciate una cosa per me. […] Voglio che mi uccidiate. […] Non ho più alcuno scopo da raggiungere, non voglio rimanere dentro un vaso per sempre: questa non è vita.»
- «Ma abbiamo appena iniziato a rivedere “the Wire”!»
Il creatore e showrunner Victor Fresco sceneggia il pilot (un rullo compressore) e il final season, mentre alla regia si alternano Ken Kwapis, Marc Buckland, Steve Pink, Adam Arkin, Jamie Babbit e Jaffar Mahmood (da sottolineare una bella e riuscita - perché a suo modo sorprendente nel contesto della serie - ellissi sul finale del 7° ep.).
Peccato per la vaschetta di vomito fresco messa in frigo e lì dimenticata che non riesce a trasformarsi in ulteriore gag (è un crimine sprecare così il cibo).
Classica serie “scaccia” pensieri da bingewatching compulsivo obbligatorio: avercene.
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