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Sinfonia d'autunno

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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La recensione su Sinfonia d'autunno

di Peppe Comune
8 stelle

Charlotte (Ingrid Bergman) ed Eva (Liv Ullmann), madre e figlia. La prima è una pianista di successo che per portare avanti la sua carriera prestigiosa ha sacrificato molto del tempo che avrebbe dovuto dedicare ai figli. La seconda è una donna sull'orlo di una crisi di nervi, con alle spalle la morte di un figlio di quattro anni e un presente che trascorre accanto al marito Viktor (Halvar Bjork), un pastore protestante, e la sorella Helene (Lena Nyman), l'altra figlia di Charlotte, una ragazza con gravi disturbi mentali. Venuta a conoscenza della morte del compagno di Charlotte, Eva invia una lettera alla madre con la quale la invita a passare tutto il tempo che vuole a casa sua. Charlotte accetta e dopo sette anni dal loro ultimo incontro madre e figlia si rivedono : per il piacere di trascorrere un pò di tempo insieme e come pretesto per chiarire alcune cose del loro instabile rapporto.

 

 

"Sinfonia d'autunno" è un film di grandi solisti, intenso e malinconico, tutto giocato sull'accurata indagine introspettiva di due donne irrisolte, che la natura ha voluto unire in un solido rapporto filiale e che la vita tende a dividere in virtù degli egoistici interessi della madre a della complessa personalità della figlia. Segue quell'atmosfera da camera tanto cara a Ingmar Bergman, che usa la limitatezza degli spazi per dare più visibilità ai malesseri dello spirito e più peso ai contenuti delle parole. Quella di Charlotte ed Eva è la storia di due anime affrante dalle assenze, che si cercano l'un l'altra per istinto carnale ma poi si accorgono che è solo stando lontano che riescono a governare le rispettive insicurezze e a dare più chiarezza al senso delle proprie colpe. Nel chiuso di una grande casa, con un passato ben fissato nei cuori e un presente gravido di domande, le due donne riprendono il filo di vecchi discorsi alla maniera di chi non può più procrastinare oltre la resa dei conti. Compiono una ricognizione esistenziale passando in rassegna momenti di vita vissuta ed amori abortiti, emozioni solo sfiorate e carezze negate, un insieme multiforme di sensazioni insane, insomma, che servono a definire una colpa e a determinare un dolore, di quelli che si sedimentano per anni negli animi delle persone votate al sacrificio e che poi esplodono in urla fragorose e in urgenti richieste di riscatto. La morte fa da sfondo, quella dei corpi e quella delle anime, quella che concreta assenze fisiche e quella che non consente alle ferite di cicratizzarsi. Così come le figure di Viktor ed Helene, presenze defilate eppure tremendamente importanti per il peso che ricoprono nello stato di latente incomunicabilità : l'uomo discreto che si accontenta  dell'affetto della moglie il primo, la ragazza vogliosa di esprimere emozioni riconoscibili la seconda. A proposito di "Sinfonia in autunno", qualche critico eccellente, ha parlato di "manierismo di alta scuola" (Morandini e Kezich). Sarà, ma io vi ho visto solo la variazione di temi tanto cari al maestro svedese, quali la complessa discontinuità dei rapporti filiali e il conseguente problema dell'incomunicabilità (emblematico è l'uso sovente che Bergman fa dell'espediente della lettera scritta, dove i sentimenti vengono enunciati con più chiarezza e sincerità). Le straordinarie interpretazioni di Ingrid Bergman (la prima volta col suo illustre omonimo e connazionale) e Liv Ullmann fanno il resto. Un film di Ingmar Bergman va sempre consigliato.

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