Trama
Il regista Gianfranco Rosi per circa tre anni si è mosso con un camper sul Grande Raccordo Anulare di Roma per raccogliere le storie di chi vi vive intorno. Attraverso diversi personaggi colti nella loro esistenza quotidiana, ne emerge un viaggio attraverso le vite e i paesaggi inattesi della città eterna. Tra i vari incontri vi sono quelli con il nobile torinese e sua figlia universitaria, che vivono in un monolocale ai bordi del Raccordo; con il“palmologo” che cerca ossessivamente un rimedio per liberare le piante della sua oasi da larve divoratrici; con il neo-principe che fa ginnastica di buon mattino sul tetto del suo castello eretto nel cuore abusivo della periferia nord-est; con l’attore agé di fotoromanzi, memoria storica della Roma cinematografara, che insegue ostinato sul raccordo la fama e il sogno di una giovane avventura, come il pescatore di anguille che sotto i cavalcavia di Roma sud ha costruito un villaggio sull’acqua.
Approfondimento
SACRO GRA: I MONDI INVISIBILI DEL GRANDE RACCORDO ANULARE DI ROMA
Dopo l’India dei barcaioli, il deserto americano dei dropout, il Messico dei killer del narcotraffico, Gianfranco Rosi in Sacro GRA ha deciso di raccontare il suo Paese girando e perdendosi per tre anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma per scoprire i mondi invisibili e i futuri possibili che questo luogo cela oltre il muro del suo continuo frastuono, facendo emergere dallo sfondo personaggi invisibili e apparizioni fugaci.
Il GRA, il Grande Raccordo Anulare di Roma, con i suoi 70 km è la più estesa autostrada urbana d’Italia ma pochi considerano il Raccordo come spazio urbano da esplorare. Lo ha fatto il paesaggista Nicolò Bassetti che ha abbandonato la macchina sul bordo della strada, per partire a piedi alla scoperta di questo luogo misterioso. Per 300 km e ha esplorato i territori sconosciuti intorno al GRA, arricchendo il suo cammino di incontri straordinari.
Questo bagaglio di esperienze, come l’idea stessa di farne una narrazione, lo ha passato poi nelle mani di Gianfranco Rosi, immaginando che potesse trasformarlo in uno dei suoi film da “cinema del reale”.
Rosi ha raccolto la sfida. Forse catturato da quel filo rosso che collega i suoi film raminghi nei quali luoghi di confine e di attraversamento offrono scorci di umanità inedita.
UN REGISTA DI "SCOPERTA"
Scoprire è quello che sempre ha fatto Gianfranco Rosi in giro per il mondo sin dal suo esordio. Girato a Benares tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, Boatman racconta nelle forme del cinema verità, la giornata di un barcaiolo in navigazione permanente tra la vita e la morte sul fiume Gange. Con Below Sea Level (vincitore a Venezia di “Orizzonti” nel 2008) Rosi si sposta dall’India nel deserto americano nei pressi di una base militare dismessa a 40 metri sotto il livello del mare, producendo un indimenticato esempio di cinema del reale, una volta entrato nell’intimo di una comunità di homeless americani. Dal deserto californiano si è poi spostato sul mitico border con il Messico per una sorta di “istant-movie”, El sicario: Room 164 (Premio Fipresci, Venezia 2010), incredibile monologo interiore di un ex killer sfuggito al narcotraffico dei cartelli messicani.
ITALO CALVINO COME GUIDA LETTERARIA
A raccontare Sacro GRA sono le brevi note di regia con cui Gianfranco Rosi ha accompagnato la partecipazione del suo film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2013: «Mentre cercavo le location del film, in tutti quei mesi passati intorno al Grande Raccordo Anulare, ho portato con me Le città invisibili di Calvino. Il vero tema del libro è il viaggio, l’unico modo in cui il viaggio oggi sia ancora possibile: vale a dire all’interno della relazione che unisce un luogo ai suoi abitanti, nei desideri e nella confusione che ci provoca una vita in città e che noi finiamo per fare nostra, subendola. Il libro di Calvino ha il coraggio di percorrere strade opposte, si lascia trascinare da una serie di stati mentali che si succedono, si accavallano. Ha una struttura complessa, sofisticata, e ogni lettore la può smontare e rimontare a seconda dei suoi stati d’animo, delle circostanze della sua vita, come è successo a me. Questa guida letteraria ed esistenziale mi è stata di conforto e di stimolo nei tanti mesi di lavorazione del film, quando il vero GRA sembrava sfuggirmi, più invisibile che mai».
Note
Grazie a una scrittura calcolata e insieme naturale, nata dalla relazione fra il regista, la troupe ridotta all’osso e i personaggi che semplicemente vivono la loro vita di fronte alla macchina da presa, il Raccordo si fa luogo sacro perché universale, terra di nessuno che rinasce a partire da uno spiazzamento e in attesa di una rivelazione. Autore di un cinema del reale, Rosi sfuma la concezione stessa di documentario e come riconoscimento per un cinema fondato sulla ricerca e l’osservazione che in Italia esiste da tempo, il Leone d’oro a Venezia 70 a "Sacro GRA" non è una sorpresa o una rivoluzione, ma il culmine di un movimento che conta altri registi (Di Costanzo, Oliviero, Marcello, per restare ai più noti) e che ora ha il solo compito di continuare a realizzare il vero cinema italiano di cui abbiamo bisogno.
Trailer
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- Leone d'Oro al Festival di Venezia 2013
Commenti (10) vedi tutti
Questo non è un film, non racconta una vicenda, non ha attori, non ha sceneggiatura, eppure non è un documentario classico perché non ha intenti documentali e neppure divulgativi. Che cos’è dunque questo oggetto misterioso?
leggi la recensione completa di laulillaInteressante,storie di personaggi a volte grotteschi ed a volte malinconici, vite di persone dimenticate da dio
commento di frankdeniroUna serie di scene giustapposte così senza una storia, umanità varia, situazioni singolari, dialoghi surreali. Il film ha una sua poesia ma la visione è davvero pesante
commento di Artemisia1593incoerente, tre anni di lavoro per un documentario
commento di cammerciLasciamo stare ... per addormentarsi va benone.voto.1.
commento di chribio1"Sacro GRA" rappresenta un buon esempio di cinema d'osservazione, quello che si pone tra la forma documentario, che cerca di carpire dalla realtà tutto il vero che c'è, e gli artifici necessari indotti dall'occhio parziale della macchina da presa. Se ne ricava un quadro umano sospeso tra le luci della modernità e il peso delle sue contraddizioni.
commento di Peppe ComuneUn cerchio che non quadra, un amalgama di generi, scopi ed espressioni figurate malriusciti, malposti e mal digeriti anche dal pubblico più temerario. Un uroboro i cui contenuti si mangiano progressivamente tra loro, ove la bella fotografia non basta a salvare un film che avrebbe fatto miglior figura in veste di corto.
leggi la recensione completa di DecksUn Sacro GRA dove scorre solo tanta noia..
leggi la recensione completa di siro17Film lento, faticoso, non per tutti...al suo interno, qualche perla.
leggi la recensione completa di tobanisall' inizio un po perplesso poi piace bellissima la sequenza della neve
commento di giapda