Regia di Amat Escalante vedi scheda film
Vedere questo film fa male. La violenza infatti è particolarmente profonda quando, oltre ad essere selvaggia nei modi, è studiata nelle intenzioni. Nel Messico del traffico di droga la corruzione contamina soprattutto il potere armato, quello della polizia e dell’esercito: la prima si abbandona ad un senso di impotenza moralmente ammorbante, il secondo, per contro, mantiene il proprio dominio sul territorio combattendo una guerra spietata contro gli inermi. Tra le sue file, la brutalità si coltiva come la virtù degli uomini forti, che vincono sempre perché non perdonano mai. Il giovane Heli e la sua famiglia – un padre operaio come lui, una moglie casalinga, una figlioletta in fasce ed una sorella che va ancora alle medie - sono le vittime di questo gioco perverso e mortale, al quale Beto, il fidanzato della ragazzina, credeva ingenuamente di poter partecipare da solo, affidandosi unicamente alla propria astuzia, senza tener conto delle regole e delle gerarchie. La reazione al suo sgarro sarà devastante, falcerà vite innocenti, e lascerà un segno indelebile nell’animo di povera gente che potrà trovare aiuto e consolazione solamente in se stessa. Il film di Amat Escalante disegna i crudi contorni di una paura che non è, come di solito, una vaga ombra nascosta nel buio, bensì un fantasma in carne e ossa, che si materializza alla luce del sole, profondendosi in azioni mostruose e sadicamente creative. La speranza è definitivamente distrutta quando l’inferno si ritrova libero di invadere il suolo terrestre, con i suoi demoni dalle sembianze completamente umane, che sono proprio come noi, adulti e bambini, coraggiosi o vili, attenti o distratti. Sono gli ideatori e gli esecutori di un piano malvagio ma imperfetto, intriso di rabbiosa follia e di viziose debolezze: quei maldestri aguzzini continuano a sporcarsi le mani, e non riescono mai a fare davvero piazza pulita dei loro nemici. La loro furia strazia i corpi, però consente alle anime di guarire; spezza i cuori, ma non annienta la capacità di amare. In questa storia il significato dell’esistenza resiste, malgrado tutto, benché sia ridotto ad un filo sottile, che si sfalda sotto le dita; è ruvido e friabile come la paglia, difficile da afferrare ed impossibile da usare come appiglio. L’occhio del regista lo cerca, ripetutamente, e non lo vede; il suo sguardo spesso devia dal centro della scena, poiché lì, nel punto focale del dramma, ritiene improbabile trovarlo. È meglio scrutare negli angoli, sul pavimento, o anche fuori dalla finestra, in direzione del cielo. Lì, magari, c’è ancora qualcosa che è rimasto intatto, che non è stato sfregiato, ed è pronto a far ripartire un discorso normale, tranquillo, in cui riconoscersi ed a cui ispirarsi per andare avanti. Per avviarlo, basta forse un giro di giostra che fa sentire leggeri e dà un po’ di vertigine. Oppure il vento che entra in casa a spostare gli oggetti e sollevare le tende.
Heli è stato selezionato come candidato messicano al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta