Regia di Ken Loach vedi scheda film
Nel 1945 il popolo britannico dichiarava a gran voce il suo “mai più”: non solo mai più la guerra, ma mai più il tipo di pace che avevano vissuto negli anni intercorsi tra i due conflitti mondiali. Il documentario di Loach, presentato alla Berlinale 2013, si apre con le testimonianze dello stato di povertà estremo in cui versava il Regno Unito negli anni 30: condizioni di vita inaccettabili, che, insieme allo spirito di liberazione da tutti i fascismi, portarono alla vittoria schiacciante del partito laburista alle elezioni del ‘45. Le immagini di repertorio narrano, insieme alla voce di minatori, infermiere e medici intervistati da Loach frontalmente, il rinnovamento radicale operato dal socialismo: dalla nascita del sistema sanitario nazionale alla statalizzazione delle ferrovie, alla costruzione delle residenze pubbliche. Una rivoluzione che investe una generazione intera, quella che nell’infanzia dormiva in 5 in un letto invaso di pulci e vedeva le madri morire di parto perché non potevano permettersi il dottore. Per oltre due terzi The Spirit of ‘45 ricostruisce l’entusiasmo, lo stupore, il fermento di un paese che scopre se stesso e le sue potenzialità. Stacco. Il repertorio si sposta al 1979 e ripropone il celebre discorso della Lady di ferro che sulla soglia di Downing Street citò San Francesco. Il montaggio è tagliente, sfacciatamente parziale, crudelmente ironico: nell’ultimo terzo del film la privatizzazione convulsa sembra riavvolgere a ritroso le immagini viste nella prima parte, cancellare le orme dello spirito del ‘45, inabissare il paese con il fast forward. Non dimentichiamo che il regista, solo pochi mesi dopo la presentazione del documentario, chiosò così la morte della Thatcher: «È stata una combattente e il suo nemico era la classe operaia inglese. Le sue vittorie sono state facilitate dalla corruzione della dirigenza laburista e di gran parte dei sindacati. [...] Come la dovremmo onorare? Privatizziamo il suo funerale. Indiciamo un’asta competitiva e accettiamo l’offerta più bassa. È quello che avrebbe voluto lei». Loach non cerca l’oggettività, né la ricostruzione storica: soffia sulle braci, espande il suo bianco & nero anche al presente per dirci che l’oggi è tangente a quegli anni 30, solo meno sgranato. La sua è un’opera esile, lacunosa, imperfetta: ma ha il grande pregio di sapere da che parte stare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta