Regia di Enzo Monteleone vedi scheda film
Otto donne e un mistero, che questa volta riguarda l’universo femminile e le sue dinamiche. Come nel film di François Ozon un cast tutto rosa e una pièce teatrale da portare sul grande schermo. Dirige Enzo Monteleone ma Cristina Comencini è nell’aria. Insieme adattano il debutto a teatro della regista, quel Due partite vincitore del Premio Gassman come miglior testo italiano della stagione 2006-2007. «Noi donne dobbiamo essere tutto, saper fare tutto, essere piacevoli, belle e brutte, amare qualcosa e rinunciare a questa cosa un attimo dopo» - si dice in una battuta che ben racchiude il cuore di due atti basati esclusivamente sulla freschezza dei dialoghi e sulla bravura delle attrici. Una scommessa che era facile perdere. Da un lato un cineasta specializzato in avventure maschili (da Ormai è fatta a El Alamein), dall’altro un sapore da camera, pericolosamente teatrale. Ma i pronostici si sono rilevati inesatti. Novanta minuti che ti costringono a restare accanto a persone di cui è facile innamorarsi, a parole che ti restano appiccicate addosso anche a chiusura di sipario. Quattro donne si ritrovano intorno a un tavolo per una partita a carte, aprendoci infinite finestre su altri mondi. Trent’anni dopo le bambine, che durante le loro partite giocavano nella stanza accanto, fanno altrettanto. Due generazioni a confronto, tra gli anni 60 e 90. Colori diversi, anche la musica è cambiata. Ma l’identità femminile resta la stessa a dispetto di problematiche in evoluzione. L’esperimento funziona nonostante la staticità della macchina da presa e l’assenza di accadimenti. Plauso al testo, e alle attrici. Doppio poker d’assi che contiene otto tra le nostre più interessanti interpreti. Capaci di recitare in sequenza, vivificare figure che non entrano mai in scena, sposare la sottile ironia di un dramma che si ispira a Natalia Ginzburg e al suo Ti ho sposato per allegria. Quanto al mistero, nessun segreto. Direbbe Fiorella Mannoia: «Siamo così, dolcemente complicate».
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