Regia di Louis Malle vedi scheda film
"La notte è bella..."
"La notte è donna".
[Jeanne Moreau a Jean-Marc Bory]
Parigi, primavera 1953, una partita di polo. La voce fuori campo (ci) presenta le due interessate spettatrici del match, Jeanne (Jeanne Moreau) e la sua amica Maggy (Judith Magre):
"Chi non capiva il gioco del polo? Così come non comprendeva mille altre cose della sua vita quotidiana, non faceva un tentativo per comprendere, amava lasciarsi trascinare e a volte travolgere supinamente, senza tentare di reagire: insieme alla sua amica Maggy, presso la quale aveva preso l'abitudine di trascorrere le sue giornate parigine, Jeanne tentava di dimenticare le poche e inutili cose che ancora serbava nella sua memoria di donna. Maggy viveva a Parigi, Jeanne viveva in provincia, sposata a Henri Tournier, proprietario di un giornale, 'L'araldo di Digione'. Henri amava Jeanne, ma consacrava tutto il suo tempo al giornale. La casa dove Jeanne viveva in Borgogna ospitava ormai solamente il fantasma di ciò che ella era stata. Parigi, invece, la resuscitava, vi si divertiva, incontrava persone diverse, udiva parole che le davano nuova vita. A Parigi Jeanne aveva incontrato, un giorno, Raoul Flores", il giocatore di polo che le due donne sono venute ad ammirare: Jeanne e Raoul (José Luis de Villalonga), infatti, sono amanti.
"Lo sai, mia cara, che l'amore ti dona? Sei irriconoscibile", le dice Maggy, ma il marito Henri (uno strepitoso Alain Cuny) non si accorge di nulla ("Mi sembri triste". "Io? Oh, no, non sono triste". "E perchè non sei triste?"), la doppia vita di Jeanne, "inquieta, insoddisfatta, incomprensibile, incompresa", gli scorre davanti agli occhi senza, apparentemente, coinvolgerlo. Ma non dura a lungo: Henri invita Maggy e Raoul nella villa in Borgogna per conoscerli, mentre Jeanne, proprio quel giorno, rimane in panne con la macchina e conosce Bernard (Jean-Marc Bory), automobilista di passaggio che la soccorre e riaccompagna, seppure in ritardo, a casa. Henri lo invita a rimanere con loro per la notte: i funesti presagi evocati simbolicamente dal pipistrello che entra in casa dalla finestra durante la cena si traducono, per Jeanne, nella nascita di una nuova passione, che lentamente si fa strada tra le oscurità del suo animo. Quella serata le aprirà gli occhi, "il suo universo crollava: un marito odioso, un amante resosi ridicolo mutavano il dramma di Jeanne in una farsa in un corridoio buio. D'improvviso sentì nuovamente voce dell'antico bisogno di evadere, di essere finalmente un'altra, o di riuscire ad essere se stessa senza finzioni". Le musiche di Brahms diffuse dal giradischi di Henri attirano l'insonne Jeanne fuori dalla sua stanza: trova Bernard ad attenderla, escono nel parco, parlano:
"Dovreste essere felice di vivere in questa casa".
"Non sarebbe male se non fosse in provincia. Ma a questo preferisco Parigi".
"Parigi? È sempre uguale. È questo che amate?".
"Sentite, quando sono stanca tutto mi annoia e, poichè sono stanca, voi mi annoiate".
"Non chiedevo tanto...".
"Non potreste lasciarmi tranquilla? Vorrei riflettere".
"E allora riflettiamo...".
"Siete agghiacciante".
"Avete ragione, in certi momenti sono insopportabile".
"Vi accade piuttosto spesso".
"Ahimè...".
"E in questo caso che fate?".
"Mi rifugio nei sogni, dove tutto è bello, dove tutto somiglia a ciò che non amate".
"Che ne sapete di ciò che amo e di ciò che non amo?".
"Mi è parso di capire che nè questo cielo e nè questa luna vi piacciono".
Poi le loro mani si sfiorano, un sorriso, "lasciatemi, non voglio", un abbraccio, le carezze, uno sguardo: "l'amore può nascere da uno sguardo. Jeanne, in un istante, sentì morire il suo pudore e il suo passato, non potè più esitare, non si resiste alla felicità. Si sentì presa in un vortice di un sogno magnifico e inusitato, trascinata in un paese di fiaba". E in questa magistrale sequenza nel parco della villa, apice drammaturgico del film, riecheggiano suggestivamente le atmosfere idilliache e sognanti di La scampagnata di Renoir: il carrello all'indietro con cui successivamente la macchina da presa di Malle introdurrà i due amanti nella stanza di Jeanne, in cui consumeranno la loro fiammeggiante passione amorosa, sublimata, poi, dalla loro fuga finale, è l'aggiornamento temporale della vitalità di quel cinema, che la nascente Nouvelle Vague rielabora e "prosegue" con furibonda veemenza. I due amanti fuggono all'alba: "partivano per un lungo viaggio, di cui conoscevano già tutte le incertezze. Non sapevano se avrebbero mai ritrovato la felicità di quella loro prima notte. Già nell'ora pericolosa del primo sole Jeanne aveva dubitato di se stessa, aveva paura, una paura invincibile, ma non rimpiangeva nulla, anche se le restava soltanto ciò che rimane di un sogno alle prime luci del giorno". Gran premio speciale della Giuria al Festival di Venezia (ex aequo con La sfida di Francesco Rosi), tratto dal celebre romanzo libertino Point de lendemain (Senza domani, 1777) di Dominique Vivant-Denon, barone francese sopravvissuto alla Rivoluzione, scrittore, incisore, studioso d'arte ed insigne egittologo al servizio di Napoleone, Les amants è un sublime ed implacabile ritratto dell'aridità morale di quella borghesia da cui lo stesso Malle proveniva, che la sensualità delle atmosfere e la sontuosa interpretazione di Jeanne Moreau immergono in quel limbo dei sentimenti (ammantato dal magico bianco e nero di Henri Decaë) in cui la nascita di una nuova passione giunge, dirompente, a liberare un'intera esistenza dagli affanni di una vita ormai abulica: un film di esemplare raffinatezza stilistica ed affascinante ricchezza di sfumature, idolatrato da Truffaut ed osteggiato alla sua uscita dai soliti, miopi benpensanti scandalizzati da una bollente (per l'epoca) sequenza, lirico ed allo stesso tempo profondamente corrosivo nei caustici umori con cui tratteggia la decadenza, più o meno consapevole, dei suoi personaggi o nei simbolismi (gli specchi, il pipistrello, la villa di Jeanne) con cui anticipa o accompagna la descrizione di questa dissoluzione. L'inquietudine e la noia di Jeanne appartengono al retaggio di una generazione che la Nouvelle Vague intende affrancare dai propri complessi: Les amants ne registra il fallimento esistenziale, lancia un'ancora di salvezza, propone, seppur dolorosamente, una via di fuga.
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