Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
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Con questo titolo, termine coniato nel 1957 da Jean Gottman (geografo francese di origine russo ebraica), l’ultraottantenne Coppola scrive e dirige un truce e delirante kolossal sulla scia dei sette romanzi storici del ciclo “Narratives of Empire” di Gore Vidal, ove s’immagina una distopica Sodoma/Gotham City governata dal sindaco Franklyn Cicero (un eccellente Giancarlo Esposito) ma su cui di fatto torreggia l’ambizioso e visionario Signore del Tempo, nonché Architetto del Mondo, Cesar Catilina, reso da un sempre straordinario Adam Driver in un misto tra Bruce Wayne, Michael Corleone e Frank Lloyd Wright.
Dietro le vicende umane e politiche dei personaggi coinvolti in un vortice di sesso e potere, scandali ed eccessi di ogni tipo (alcol, droga), tra spericolati riferimenti ai metodi di eliminazione degli avversari durante le più famigerate dittature e cenni ad alcune favole quali Cappuccetto rosso (Julia, la figlia del sindaco corrotto e conservatore, s’innamora dell’oscuro progettista), La bella addormentata nel bosco (la prima moglie dell’urbanista cristallizzata nel misterioso Megalon) e in modo esplicito Robin Hood (lo spregiudicato magnate Hamilton Crassus III si traveste così), si può leggere l’auto-fagocitante degenerazione retro-futuristica del Sogno Americano, da terra delle opportunità sbranata con ferocia fino a precipitare La caduta dell’impero romano (anche come film antenato de Il gladiatore di Ridley Scott, la cui influenza risulta palese in Clodio Pulcher simile a Commodo), ovvero una tronfia, potente e mastodontica allegoria sullo sfacelo del “Destino manifesto” raffigurato nel celebre dipinto a olio American Progress (1872) di John Gast.
Sovrabbondante e maestoso, con molte autocitazioni (tra le più lampanti, The Godfather e Tucker – Un uomo e il suo sogno) può a ben diritto essere equiparato all’Heaven’s Gate di Michael Cimino. Meravigliosamente fallimentare, eppur geniale nella sua ridicolizzante audacia sincretica.
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Non scherziamo come da alcune parti si è letto, a paragonarlo a certi colossali fallimenti commerciali come "I Cancelli del cielo" e lo stesso "C'era una Volta in America" almeno nel mercato nordamericano e di cui ricorrono proprio in queste settimane i 40 anni. Che furono fallimenti ma non certo artistici, di "Megalopolis" non si sarebbero mai versati alcuni dei fiumi di inchiostro che si sbrodolano e vergano, non fosse firmato da Francis Ford Coppola.
Può darsi. Magari però fra altri 25 anni verrà prodotta una monnezza filmica al cui confronto Megalopolis diventerà un capolavoro anche per altri.
Certo, ne diamo atto come è anche diciamo altissimamemte probabile, fra 25 anni non ci siano più forme di audiovisivo rientrabili nel lungometraggio.
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