Regia di Augusto Tretti vedi scheda film
Simboli, paradossi, comicità e ironia.
Un film concretissimo come i suoi rumori di fondo, opera di un regista capace come pochi di scardinare i meccanismi del potere. La parabola della banda di Celestino simboleggia l’uomo otto-novecentesco che passa dal rifiuto del sistema alla ricerca della omologazione nello stesso. I nostri passano dalle rapine alla fabbrica non riuscendo ad evitare il carcere. Le istituzioni che devono reprimere la volontà di trasgredire devono convincere allo stesso tempo l’uomo ottocentesco che conviene servire il proprio paese in guerra o andare a lavorare invece di andare in prigione . Tretti ribalta il rapporto, il carcere diventa un luogo poco inospitale dove si mangia pure bene e da dove si può scappare facilmente con o senza la grazia del governatore. L’esercito è un’istituzione facilmente sabotabile, poco efficiente e per niente in grado di assicurare la disciplina dei militari anche durante una semplice esercitazione . i cinque ormai vogliono lo stesso entrare nel sistema, vogliono lavorare e non gli interessa molto di essere sottopagati se possono evitare di essere emarginati. Il problema per loro è che prima o poi in economia l’offerta supera la domanda e la produzione deve essere spostata dove costa meno , dove il capitalista guadagna di più e l’operaio di meno. L’uomo novecentesco deve accettare una società post-operaia fatta di lavori strani e improbabili dove l’ascesa sociale non è chiara e dove l’amore stesso segue logiche poco romantiche e molto materiali. Una visione paradossale ma lucidissima, unica e ironica, simbolicamente dialettica capace di tenere insieme la critica marxista alla borghesia e uno stile cinematografico ruspante e artigiano casalingo e intelligente.
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