Regia di André Téchiné vedi scheda film
Sorprende che ancora manchi in commercio una edizione di uno dei migliori film di André Téchiné, per altro eccellente regista immeritatamente poco noto agli italiani. Speriamo in un'ottima edizione a breve.
Les roseaux sauvages, prodotto dalla tv francese (!), è un gioiello di sopraffino equilibrio di turbamenti sociali e intimi, soprattutto una purissima auscultazione dell'anima e di un'età critica, quella della formazione intellettuale e fisica, quella terra bombardata dalle passioni e dalle indecisioni, dai contrasti e dalla ricerca. I suoi quattro magnifici protagonisti sono appunto come canne al vento, giunchi selvaggi tormentati dalla Storia, dal proprio essere e dall'essenza dell'altro.
Téchiné ammalia per la dolcezza, il candore, l'asciuttezza che porta fertilità al suo sguardo capace di avvicinare idillio e cupi fantasmi interiori, purezza naturale immediata e lontani massacri. Il paragone col romanzo di formazione, tanto citato per il suo cinema, calza al massimo grado in questo commovente intreccio di amori e soprattutto di grande umanità e amicizia, dignità e rispetto anche nei contrasti, che appaiono quasi paradossali nella loro sincerità. L'astrattezza impalpabile della forma fluidissima come un ruscello si sposa ad una sensazione di carnalità immacolata, esempio di "cortigiana" sprezzatura; l'apparente distanza svela inoltre la propria partecipazione grazie anche al sostegno del magnifico Adagio per archi di Samuel Barber (trascrizione dell'autore molto nota dell'adagio del suo Quartetto per archi, anche in versione per coro col titolo Agnus Dei), una lama che affonda lenta e inesorabile nel più profondo dell'anima, scelto nelle sezioni in cui il discorso melodico è in fieri, non ancora al culmine, come è in progressione la vicenda del film, appunto in formazione e dal finale aperto.
Cito un passo da un testo che forse potrebbe essere fuori luogo, che molto recentemente ho letto e mi ha fatto rimbalzare però alla mente questo film. E' tratto da Paolo Vernaglione, Rainer Werner Fassbinder, Gremese, 1999, p. 72: [...] non si assiste forse in questi ultimi anni ad una specie di "ritorno" al naturale, dopo il passaggio degli "artificiali" anni Ottanta, ritorno giustificato con l'urgenza di riprendere comunque un rapporto con la natura minacciata? [...] La tecnologia non torna indietro, ed ecco dunque il paradosso che Godard svela: nessuno è più in grado di filmare la natura che, giustamente, si chiude e si ritrae di fronte ai tentativi di saltarla con l'attrezzatura audiovisiva [...]. Al contrario, a me sembra che qui Téchiné sia riuscito davvero a filmare la natura.
Il cast non potrebbe essere più adatto e immediato. 9 1/2
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